Il terrorista di Berlino Anis Amriucciso a Sesto San Giovanni il 23 dicembre, aveva soggiornato per diverse settimane ad Aprilia, in provincia di Latina, e nelle ipotesi degli investigatori era tornato in Italia dopo l’attacco ai mercatini di Natale per cercare protezione proprio nel Lazio. La Procura di Roma ha disposto la perquisizione di due abitazioni dove l’attentatore tunisino aveva forse alloggiato e dove potrebbero ancora risiedere alcune persone che hanno avuto rapporti con lui. Secondo quanto accertato dal pm Francesco Scavo, Amri ha soggiornato ad Aprilia, ma anche a una quarantina di chilometri da Roma, lo scorso anno.

Piazzale Clodio, in contatto con il pool antiterrorismo di Milano, che lavora a un’indagine parallela sul caso, ritiene possano esserci stati una serie di forti legami tra Amri e il centro-sud Italia. Per il momento si tratta solo di ipotesi in cerca di conferma, ma le numerose tracce di una permanenza di Amri nel Lazio potrebbero rappresentare un importante tassello e indirizzare le indagini su le altre persone alle quali l’uomo era legato. I controlli disposti dal pm sono stati eseguiti dalla Digos che ha iniziato a scandagliare il materiale trovato nelle due case, per verificare i presunti contatti del tunisino. L’ipotesi degli investigatori, quindi, è che fosse proprio il centro-sud Italia la destinazione finale della fuga di Amri. Un’ipotesi più che plausibile. Visto che Amri, arrivato il 22 dicembre sera alla stazione di Torino Porta Nuova, valutò l’ipotesi di procedere il viaggio andando a Roma. E quanto emerge da ambienti investigativi dove si stanno esaminando tutte le immagini delle telecamere che hanno ripreso Anis Amri nel suo viaggio. Proprio una telecamera ha immortalato il giovane tunisino a Torino mentre, ad una biglietteria elettronica, ha digitato sia la possibilità di arrivare a Milano Centrale, cosa che poi ha fatto, sia la tratta Torino-Roma.

Roberti: “Non siamo solo terra di passaggio, anche in Italia pericolo” – Sulla sua presenza in Italia ha parlato anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. “Il rischio per l’Italia c’è sempre stato. Fin qui è stato fronteggiato in maniera egregia grazie allo straordinario lavoro delle nostre forze di polizia e dei servizi” ha detto Roberti, secondo cui “se fino a oggi nulla è accaduto in Italia non è stato soltanto caso o fortuna. Molti dei possibili terroristi che sono stati arrestati o espulsi sarebbero stati pronti nel giro di poco a compiere atti violenti. Li abbiamo fermati mentre si stava compiendo il loro percorso di radicalizzazione – ha aggiunto il procuratore nazionale antimafia – La prevenzione ha funzionato. Ma nulla ci esime dal rischio, tanto più che ora abbiamo il martire in casa. Esiste poi anche una ragione politica che rende più complessa la situazione attuale”. A sentire il successore di Piero Grasso, inoltre, “l’Italia non è soltanto un passaggio per i terroristi. Nel nostro paese c’è chi offre supporto logistico agli autori delle stragi, dando loro documenti, rifugi, case”. Esclusa, invece, una correlazione tra terrorismo e immigrazione: “Non c’è un solo caso di foreign fighter arrivato con il barcone. Chi arriva non è un terrorista ma è gente che scappa dai terroristi – ha detto Roberti – Amri, certo, era sbarcato a Lampedusa. Ma cinque anni fa non era uno jihadista. Era soltanto un piccolo delinquente che fuggiva dalle carceri tunisine e che, nel suo percorso in prigione in Italia, ha trovato nella disperazione, nell’isolamento, nell’emarginazione, le convinzioni del suo percorso di radicalizzazione. Ecco, quando dico che l’Italia è sovraesposta – ha concluso il capo dell’antimafia – voglio dire che gli altri paesi europei ci hanno lasciato da soli nelle politiche di accoglienza e di integrazione. Questo può essere molto pericoloso”.

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