Alla vigilia dell’assemblea degli azionisti chiamata a deliberare l’aumento di capitale, il Monte dei Paschi di Siena ha diffuso su richiesta della Consob un documento che integra le informazioni comunicate in precedenza al mercato su alcuni dei punti all’ordine del giorno. Dalla nota integrativa emergono molti particolari inediti, tra cui l’attesa di “incassare” 1.043 milioni di euro dalla conversione dei bond subordinati. Rispetto ai 4.289 milioni di valore nominale dei titoli cui è rivolta l’offerta, si tratta di una percentuale di adesione del 24,3%. Si tratta di un dato abbastanza sorprendente, che cozza decisamente con i toni drammatici con cui la banca ha proposto ai piccoli risparmiatori (il retail) la conversione dei bond in azioni. Mps conta anche di incassare “3.912 milioni quale corrispettivo cash della sottoscrizione dell’aumento di capitale”. In effetti si tratta solo delle ipotesi utilizzate per redigere il bilancio pro-forma al 30 settembre, ma vale la pena chiedersi quanto queste ipotesi siano realistiche. Basterà davvero la conversione di poco meno di un quarto dei bond cui è diretta l’offerta per ritenere “soddisfacente” il livello di adesioni e procedere con l’aumento di capitale? Questo punto la nota integrativa non lo chiarisce affatto.

Per contro, emergono con chiarezza i costi dell’operazione di salvataggio qualora essa abbia successo e anche le condizioni poste da Quaestio sgr, società di gestione del fondo Atlante, per partecipare. Complessivamente i costi sono stimati in 448 milioni di euro di cui quasi il 45% (200 milioni) andranno a Quaestio, grazie alla rinuncia ai warrant che avrebbero dato il diritto ad Atlante di sottoscrivere azioni MontePaschi a un prezzo prestabilito. Non è l’unica condizione posta da Quaestio: la società di gestione che fa capo ad Alessandro Penati vuole acquistare separatamente dall’operazione principale un “portafoglio di crediti non performing e diritti derivanti da contratti di leasing finanziario, unitamente ai beni che ne costituiscono il collateral”. L’importo lordo di questi crediti ammonta a 926 milioni di euro e, in un primo momento, MontePaschi aveva convenuto di cederli a Quaestio per 320 milioni di euro, cioè a un prezzo pari al 34,5%. Dalla nota integrativa si apprende però anche che le condizioni della cessione sono cambiate e il portafoglio da 926 milioni verrà invece venduto per 252 milioni, cioè per appena il 27,2%. Un’extra sconto a Quaestio o il riconoscimento che quei crediti e i beni che ne costituiscono il collateral valgono in realtà molto meno di quanto si era pensato inizialmente? Difficile rispondere a questa domanda, però sempre dalla nota integrativa si apprende anche che a finanziare Quaestio per l’acquisto del pacchetto sarà lo stesso MontePaschi che metterà sul piatto ben 150 milioni sui 252 del prezzo d’acquisto, vale a dire quasi il 60%.

L’istituto senese conferma poi che è in corso un’ispezione della Bce su tutti i crediti (“ha per oggetto la quasi totalità del portafoglio”) e che alcune posizioni sono “oggetto di specifico approfondimento da parte dell’autorità di vigilanza” che sta in particolare concentrandosi sulla “classificazione del rischio di credito per l’intero portafoglio”, sugli “accantonamenti effettuati” e sulla “revisione dei valori dei collaterali inerenti le esposizioni dei non performing”, oltreché sui “controlli di primo, secondo e terzo livello relativi alla valutazione del rischio di credito”. Gli esiti finali dell’ispezione, però, si conosceranno solo “nella prima metà del 2017”, cioè molto dopo la chiusura dell’operazione di salvataggio. Un vero peccato che una simile operazione-verità non sia stata fatta prima di bussare a denari sul mercato. E se il prossimo anno saltasse fuori che la situazione è perfino peggiore di quella già drammatica in cui la banca si trova oggi?

Comunque sia Mps ha reso noto di non avere allo studio un piano “B” nel caso in cui la cessione delle sofferenze e l’aumento di capitale non dovessero andare in porto. E in supporto della banca senese arriva Generali. La compagnia triestina ha in portafoglio circa 400 milioni di bond subordinati di Siena e l’amministratore delegato Philippe Donnet ha confermato che il gruppo intende partecipare al salvataggio: “Non possiamo fare allo stesso tempo una conversione dei bond e [iniettare fondi in, ndr] Atlante 2. La conversione ha più valore – ha detto Donnet -. Per noi la priorità è Mps. Faremo una scelta nell’interesse di tutti gli stakeholder, degli azionisti e degli assicurati”. Se così fosse, almeno il 40% dell’importo atteso dalla conversione dei bond sarebbe già coperto. Basterà?

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