Quante edicole avete visto chiudersi attorno a voi in questi anni? Molte, moltissime, tutte? Avete attribuito il fenomeno alla crisi dei quotidiani cartacei, delle riviste, e avete addossato la responsabilità a Internet. Eravate sostanzialmente nel giusto. L’epoca della scrittura non è certo al tramonto (le sue infinite metamorfosi contemporanee lo testimoniano), quella della carta forse sì.

Eppure, proprio ora, nel momento in cui sembra chiaro a molti che la “civiltà della carta” si sta esaurendo, nasce un progetto (anzi un doppio progetto) che proprio da un’edicola parte e che anche nella carta decide di collocarsi. Si tratta del periodico Emergenze e della perugina Edicola518.

Prima nasce il periodico, dedicato alla cultura e alla “ambiguità della scoperta” come recita il sottotitolo, un foglio graficamente curatissimo, su carta di pregio, in cui si esercita la nobile arte della critica: si analizza, si smaschera, si suggerisce, si mette in dubbio. “E-mergere – dice la carta d’intenti – significa tuffarsi al contrario, darsi una spinta per saltare fuori dall’acqua o essere smascherati dalla bassa marea. Emergenza è una vox media: una di quelle parole che i latini usavano con un’accezione positiva o negativa a seconda del contesto. Ciò che emerge esce dal torpore senza permesso. I secoli hanno cristallizzato la parola nella connotazione negativa. Noi ci spericoliamo sul versante dimenticato, oscillando fra i poli di questa contraddizione. Emergenze è l’ambiguità della scoperta“.

E sulla rivista, diretta da Antonio Cipriani, come anche sul sito web, gli “emergenti” sono davvero splendidamente spericolati, si assumono, praticamente in ogni articolo, il rischio di scommettere su molti dei temi e dei punti di vista meno “comodi” della nostra contemporaneità, dall’arte alla politica, dall’antropologia all’inchiesta.

Poi il passo successivo: l’edicola, nel centro storico di Perugia, Edicola518: “Un gruppo di giovani e meno giovani – raccontano loro stessi – intelligentissimi e belli, geniali a tal punto che la società non sembra avergli riservato alcuno spazio nei suoi ingranaggi, si appropriano con regolare procedura d’acquisto dei quattro metri quadrati di un’edicola che fa parte del tessuto cittadino da tempo immemore. L’approdo ideale per dei cani randagi. Soli e arrabbiati. Pieni di parole potenti”.

E in quell’edicola non si trova solo il loro periodico ma tanti altri libri, accuratamente selezionati. Un’edicola non è una libreria, è qualcosa che sta nel flusso, non un luogo separato e protetto, ma qualcosa di attraversabile, o, se preferite, una “trappola” virtuosa, un agguato che vi sottrae al flusso del camminare e costruisce attorno a sé (e a voi) uno spazio comune, virtualissimo e temporaneo.

E in quello spazio Edicola 518 ospita gli artisti suoi complici, che di colpo trasformano una strada in quello che in fondo è sempre stata ogni strada: un palcoscenico teatrale, performativo. Insomma si tratta di andare contro, o meglio oltre, la Rete, fagocitata dai social, facendo rete.

Questo investimento sulla carta mi affascina e m’interessa perché in realtà è un investimento sul corpo, sui corpi che Edicola518 raggruppa, seleziona, pesca con la sua rete (ancora e per l’appunto) a maglie strettissime. Carta (Emergenze) e corpi (Edicola518) si riflettono l’una negli altri, sono indispensabili tra loro.

Ciò di cui vi parlo è un paso doble che ha la presunzione di fare la differenza, proprio là dove uno sguardo superficiale non vedrebbe che minorità. Ricostituire le reti “locali”, riprogettare la socialità reale, attraverso i meccanismi del virtuale ma fatti reali, resi materia e oggetto, come il filo rosso (vero, materiale) che percorre performativamente tutta Perugia in occasione dell’inaugurazione dell’edicola.

La rete su cui contano Edicola518 ed Emergenze è fatta da interessi comuni, voglia di scambio, dialogo, di corpi, di voci e di carta, sì, ma di una carta curata nei materiali e nelle forme, oltre che, ovviamente, nei contenuti. La carta che passa da medium indistinto a oggetto d’arte. Comunicare, sì, ma lasciando, oltre all’informazione, un oggetto d’arte che sia “memorabile“.

Nel loro manifesto si autodefiniscono “barbari” e certo che, per quanto questo a prima vista possa sembrare neo-romantico, ciò che ci occorre è forse proprio il coraggio di sembrare barbari, cioè, nel suo significato primo e vero, stranieri, estranei e, per metonimia, capaci di straniamento.

Dobbiamo avere il coraggio di essere stranieri alla nostra terra, per vederla davvero di nuovo per come appare agli altri, per ritornarci, sì, ma per mutarla; dobbiamo essere estranei a ogni interesse particolare, avere il coraggio anche di dichiararci estranei alla barbarie (quella sì sinonimo di arretratezza e inciviltà) che ormai ci assedia da tutti i lati ed essere capaci di straniamento: rinunciare, per un attimo almeno, al nostro punto di vista e provare a guardare il mondo dal punto di vista dell’altro.

Non c’è dialogo senza straniamento. E senza dialogo nessun nuovo linguaggio potrà nascere, mentre la scommessa di Emergenze e Edicola518 sembra proprio quella: inventare un linguaggio nuovo per il nostro pensiero e i nostri sentimenti.

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