Avete ampiamente esagerato con questa storia delle lettere agli insegnanti contro i compiti. A chi piace farli? Probabilmente a nessuno. Ma a chi giova questo scontro? Non di certo all’alunno che si troverà a dover prendere una posizione senza averla scelta fino in fondo (da bambino ha scelto di giocare, è vero, ma non ha certo scelto di motivare il no ai compiti raccontando della sua vita extra scolastica all’insegnante), né al sistema scolastico, il cui progresso si misura e si raggiunge in modo collettivo e competente, non attraverso il movimento delle penne autoreferenziali.

Già perché questo scontro è autoreferenziale, tutto interno all’ego del tal genitori contro il tal insegnante e nulla ha a che fare con i contenuti reali di chi chiede una scuola critica, sperimentale, aggiornata. Se ci battessimo per una scuola così, tutto il resto verrebbe da sé.

Tenete lontane le mode dai banchi dei vostri figli e domandatevi come ci starà il bambino all’idea di dover far leggere quella lettera a un insegnante, mentre voi sarete lontani e dovrà essere lui ai metterci la faccia. Una faccia che, vista l’età, non sarà in grado di argomentare a una maestra o a un maestro che certamente commenteranno.

Allora, lavoriamo sui contenuti, invertiamo le modalità e parliamo loro del bello invece che del brutto, altrimenti aggiungeremo frustrazione ad altra frustrazione. Spieghiamo ai nostri figli che l’approccio allo studio può anche non essere passivo, che l’importante a scuola è saper guardare oltre le finestre ma che a volte ci tocca e bisogna starci, perché libertà significa tante cose, anche adeguarsi alla circostanza pur restando coerenti nella vita.

E’ vero, fare i compiti dopo essere stati tutto il giorno a scuola non è didattico. Ma allora siate onesti e ammettete che è ancora meno didattico lasciare i figli tutto il giorno a scuola. Eppure ci tocca, bisogna starci. Dopodiché, cari genitori dalla penna ribelle, sappiate che anche mio figlio va in bicicletta, corre, fa sport, osserva e vive la natura, impara dalle cose, va alle feste, si incaponisce, si annoia, si ribella e dove non arriva mettiamo il punto. Ma non sarà la mia guerra epistolare con l’insegnante a farlo stare meglio. Se proprio il docente esagera, ci vado a parlare di persona, non lo utilizzo come corriere del mio sconfinato super ego.

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