Il governo ha approvato la nota di aggiornamento del Def. Ma che cos’è? E un documento che a partire dal re di tutti gli indicatori, il Pil aggiusta le previsioni sull’andamento dell’economia per ridefinire le politiche di spesa ridefinendo prima di tutto il tetto del debito pubblico entro il quale spendere i soldi. Insomma è il trionfo di quello che si definisce “primato dell’economia”: da una parte il Pil, dall’altra il disavanzo e a seguire tutto il resto. Sanità compresa.
Per cui si ha un bel parlare di diritti (etica) che in teoria dovrebbero venire prima dell’economia. La nota di aggiornamento di due giorni fa dà ragione a Marx: la struttura economica determina la sovrastruttura sociale non il contrario.
Nel 2012 con Monti la nota di aggiornamento determinò per la sanità i tagli lineari e la spending review, nel 2013 con Letta si puntò il dito su un cambio di governance, sulla razionalizzazione dei costi e su un uso più efficiente delle risorse, nel 2014 con Renzi nasce il definanziamento programmato cioè la spesa sanitaria viene programmata ma come decrescita in rapporto al Pil.
Nel 2015 sempre con Renzi questa strategia viene ancor più raffinata e rinforzata fino a stabilire tutto il percorso della decrescita.
Nel 2016 cioè ieri il governo con la nota di aggiornamento ha rimandato la quantificazione del fabbisogno finanziario della sanità alla legge di bilancio. Questo significa che per la sanità si va avanti con la decrescita programmata.
Come dimostra il terzo monitoraggio sulla spesa sanitaria fatto dalla ragioneria dello Stato, fresco di stampa, cioè di appena tre giorni fa, la politica di Renzi, cioè la totale subordinazione della sanità al Pil, causa qualcosa di perverso: la sanità definanziata va in disavanzo (11 Regioni su 21), il disavanzo è recuperato tassando localmente le persone, la qualità della tutela pubblica peggiora e spinge la gente che può a farsi curare nel privato e, infatti, l’assistenza privata cresce a vista d’occhio e cresce l’abbandono sociale cioè chi non può soccombe cioè la morbilità e la mortalità crescono.
Grazie a Renzi la sanità pubblica sta viaggiando verso la sua graduale dissoluzione cioè verso un minimo e quindi verso la sua privatizzazione cioè verso un massimo, aumentando il tasso di malattia nel paese. Quello attuale è quindi il governo oggettivamente più pericoloso cioè il più contro-riformatore che abbiamo mai avuto negli ultimi 50 anni. A lui del diritto alla salute non interessa un alcunché a lui interessa solo ed esclusivamente il Pil come del resto a tutti i veri liberisti. Il nodo politico è il rapporto tra salute e Pil un nodo che va sbrogliato perché nelle mani di Renzi è diventato un imbroglio.
Il Pil dovrebbe esprimere o simboleggiare il benessere di una collettività nazionale e il suo livello di sviluppo o progresso. Ma in realtà non è così. A partire da Renzi esso non esprime per nulla il benessere prodotto in termini di salute dalla sanità pubblica e tratta la sanità solo come un costo da definanziare cioè come una gigantesca diseconomia.
Se facciamo la distinzione tra “ricchezza” e “economia” dove nella prima mettiamo tutti i valori d’uso (diritti, salute, ambiente, cultura, giustizia, governabilità, onestà, qualità ecc) e nella seconda tutti i valori di scambio sintetizzati nel Pil, ci accorgiamo che nel Pil di Renzi non c’è in alcun modo la ricchezza che produce la sanità pubblica il benessere sotto forma di salute ma solo i costi della sanità o se preferite i valori di scambio.
E’ questo a fare di Renzi il più perfetto dei liberisti e il più fedele interprete del malthusianesimo moderno. Per lui la disparità tra le risorse finanziarie e i bisogni di salute della gente si risolve definanziando la soddisfazione dei bisogni, cioè tagliando la sanità. Per risolvere il divario tra risorse economiche e popolazione Malthus proponeva di tagliare le nascite.
Il Pil come si sa è pari alla somma dei beni e dei servizi finali prodotti da un paese che hanno una valorizzazione in un processo di scambio. Ma nelle politiche sanitarie di Renzi dove è lo scambio tra ricchezza prodotta in termini di salute individuale e collettiva e economia prodotta in termini di costi? Questo scambio non c’è per cui le sue politiche sono, come dimostra il monitoraggio citato, semplicemente e orrendamente malthusiane. Lui taglia la spesa sanitaria come se la sanità fosse tout court solo un’eccedenza ma questo sul piano economico a parte provocare disavanzi aumenta la pressione fiscale e sul piano etico crea sofferenze di massa, diseguaglianze e quindi ingiustizie a carico del diritto di vivere.
Tornando alla nota di aggiornamento: essa dovrebbe contenere il disavanzo e ridurre la pressione fiscale ma le politiche sanitarie che induce accrescono sia la prima che la seconda con ciò distruggendo il più importante fattore di ricchezza di un paese cioè la sua salute individuale e collettiva. Il risultato è un paese impoverito perché malato.
Secondo me tutto questo va contrastato con fermezza ma non semplicemente chiedendo al governo di turno, di dare più soldi alla sanità, ma riformando proprio il rapporto tra la salute prodotta quale ricchezza e l’economia cioè i valori di scambio che sono necessari a produrla.
Oggi la sanità pubblica necessariamente a parità di diritti deve costare meno perché siamo in deflazione, perché il Pil non cresce, perché il disavanzo pubblico va ridotto. Per costare meno deve produrre più salute cioè più utilità. Ma per produrre più utilità questa sanità va riformata perché per quanto preziosa essa sia, escludendo sprechi e ruberie è comunque fatta da vecchi modelli di tutela, vecchie organizzazione dei servizi, vecchie forme di professionalità, un lavoro che nei suoi fondamentali è invariante da più di 50 anni, decrepite forme di governo. Soprattutto è una sanità che ancora oggi si limita a curare le malattie non a produrre salute primaria. I sistemi che curano e basta come le mutue e le assicurazioni sono condannati nel tempo a crescere come spesa cioè hanno una natura incrementale e fatalmente si scontrano con i problemi di sostenibilità.
Per bilanciare la natura incrementale dei sistemi c’è solo una strada: produrre salute come ricchezza. Per fare tutto questo, convincetevi, ci vuole una riforma e un bel movimento di opinione che la sostenga.