la pelle di napoli1848. A Roma viene ucciso il primo ministro di Pio IX, l’ultimo Papa re, Pellegrino Rossi. Con la proclamazione della repubblica mazziniana, il Pontefice del dogma dell’infallibilità papale fugge a Gaeta in esilio ospite di Ferdinando II di Borbone. Come riportano le cronache dell’epoca, Pio IX amava spesso visitare Napoli e proprio nella capitale del Regno delle due Sicilie, pregando davanti alla statua della Madonna del venerabile don Placido Baccher, ebbe l’intuizione di proclamare il dogma dell’immacolata concezione di Maria, cosa che farà qualche anno più tardi, nel 1854, rientrato a Roma con la restaurazione dello Stato Pontificio. Una leggenda vuole che un giorno il futuro beato, camminando sulla collina di Posillipo, mentre era intento a recitare il suo breviario, incontrò una suorina. La religiosa non aveva mai visto un Papa così da vicino e, raccogliendo tutto il coraggio che aveva, osò domandargli: “Santità, ma è vero che voi siete massone?”. “Se noi fossimo massoni  rispose con tanto di plurale maiestatis Pio IX – non ci troveremmo in esilio a Gaeta”.

Non si tratta solo di uno dei tanti aneddoti che hanno come sfondo il paese del sole cantato in tutto il mondo da musicisti poeti come Enrico Caruso, Roberto Murolo, Lucio Dalla e Pino Daniele e perfino da santi come Giovanni Paolo II che, in piazza del Plebiscito, l’11 novembre 1990, accennò quale strofa del celebre brano scritto da Giovanni Capurro ed Eduardo Di Capua. Ma del segno di come Napoli sia davvero sempre stata un’autentica capitale mondiale, coprotagonista, di secolo in secolo, di tutte le principali vicende che hanno segnato la storia del pianeta. Perfino la Jihad islamica è passata dal capoluogo partenopeo, fortunatamente senza lasciare traccia. Per non parlare dell’inventiva e della genialità dei suoi abitanti, sempre capaci di reinventarsi e di accogliere lo straniero, non come altro, ma come fratello integrandolo e integrandosi con la sua cultura. Un ritratto che emerge dalle pagine del libro “La pelle di Napoli. Voci di una città senza tempo” (Cairo editore) del giornalista de Il Mattino Pietro Treccagnoli, cantore per eccellenza della storia del capoluogo campano.

Il volume è un vero e proprio “reportage di un napoletano nella Napoli senza veli”, come precisa l’autore, con i mille santuari laici e le devozioni, ma soprattutto le superstizioni dei napoletani di ieri e di oggi. Da san Gennaro a Sofia Loren, da Totò ed Eduardo de Filippo alla Madonna del Carmine, fino a Maradona. Sacro e profano si alternano continuamente fino a coincidere e a ritrovarsi nel sangue del patrono che a cadenza ritmata durante l’anno si scioglie per sfatare ogni cattivo presagio di sventura. “Napoli – scrive Treccagnoli – ha un ventre, uno stomaco, un cuore, un cervello. Tutto in disordine, tutto apparentemente al posto sbagliato. Sopra questa anatomia sballata, a ricoprire come un velo c’è la pelle di Napoli, lo schermo dove tutto il bene e tutto il male scivolano e si riflettono, come uno specchio deformante. Napoli vanta mille colori, ma dopo duemilacinquecento anni resistono solo il grigio sporco delle antiche pietre, l’oro appannato del tufo che l’ha innalzata e l’altro oro, quello della pazienza che spinge a rialzarsi dopo ogni caduta. Napoli – conclude Treccagnoli  cade e si rialza, e comincia da capo, pazientemente”.

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