Poi arrivano quei giorni in cui detesti essere pagata per fare battute.
Detesti, nell’ordine:
1) il fatto in sé: dover fare battute, anche oggi.
2) Il fatto che le battute ti vengano lo stesso (Salvini: «Le esplosioni mi hanno impedito di raggiungere Bruxelles». Nuovo indizio sul movente degli attentatori.)
3) Il fatto che pensi che è meglio soprassedere e fare battute su qualcos’altro.
4) il fatto di riuscirci («È scontro tra la minoranza Pd e Verdini». Litigano su chi dei due è la minoranza Pd.)
5) Il fatto che che a un certo punto, nella redazione di Un giorno da pecora, decidiamo che per oggi è meglio non farle le battute, con quello che è successo.
Però questo non è il punto 5, è il punto 1, è la cosa che detesto di più in assoluto dei giorni così. Perché quello che è successo oggi succede tutti i giorni. Tutti i giorni migliaia di persone innocenti muoiono sotto le bombe e nel tentativo di sfuggire alle bombe. E chi oggi commenta «Oggi non è il caso di fare battute», me compresa, non è più sensibile di chi fa comunque battute, me compresa, è meno sensibile. Perché è sensibile solo oggi e torna insensibile gli altri giorni, quando a saltare in aria non sono le vittime innocenti europee che potremmo essere noi ma le vittime innocenti di qualche altro posto dove noi non abbiamo mai messo piede.
Ma le nostre bombe sì. E niente, buona giornata lavorativa a tutti.
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