“Non posso risparmiare l’acqua per me stessa sapendo che il mio vicino acqua non ne ha. Dovrei darla al mio vicino”. Così si esprimono le donne di Konso, in Etiopia. E aggiungono: “Non posso trasportare l’acqua da sola, ma posso contare su coloro che hanno gli asini”. Per conseguire un ragionevole grado di sicurezza sull’acqua, bisogna capirne il volto umano. Anche quello del nostro vicino con cui condividere l’acqua e l’asino.

Emergenza  rifornimenti  di acqua potabile nel mondo

L’acqua è una risorsa ambientale con la valenza di un indicatore tecnologico, ecologico, economico e sociale. È un fattore essenziale per il “pieno sviluppo della persona umana” sancito dall’articolo 3 della Costituzione italiana. E, soprattutto, ha un volto umano. Non è solo il volto di una singola persona, ma ci sono anche i volti di una famiglia priva di servizi igienici adeguati, della folla che si ammassa in città che crescono rapidamente, di coloro che tirano a campare nel paese a valle del nostro dove imperversa la siccità, o degli abitanti di una regione che affonda di fronte alla crescita del livello marino – e dei nove miliardi di persone che popoleranno il pianeta entro il 2050.

Come individui, tutti noi abbiamo diritto all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati. Ma abbiamo anche il dovere di usare l’acqua in modo responsabile, sia da singoli cittadini, sia da urbanisti, sia da fornitori di servizi WASH alla comunità (dove WA-S-H sta per “water, sanitation and hygiene”). E, soprattutto, se siamo nei panni di chi negozia gli accordi di condivisione delle acque transfrontaliere. Quelli che sono mancati nella Mezzaluna fertile, perciò tormentati da una guerra a molte dimensioni.

“Tutte le parti interessate devono declinare quel preambolo agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile che, in estrema sintesi, si chiama: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partenariato. Le ‘5P’. Concentrandosi in modo responsabile su questi fattori, intrinsecamente correlati, l’acqua può essere gestita con modalità eque e inclusive; e con la garanzia che nessuno sia lasciato indietro.

Nel virgolettato non leggete le grida di un Comitato, né lo slogan di un manipolo di ambientalisti, resi schiavi dalla sindrome nimby (non nel mio cortile). Ma le conclusioni della Settimana Mondiale dell’Acqua dello scorso anno, promossa dalla Rockfeller Foundation, da Water Aid e dallo United Nations Development Programme (Undp). Vale la pena ricordarle alla vigilia della 24esima Giornata Mondiale dell’Acqua delle Nazioni Unite: la data è il 22 marzo, la stessa che ricorda le Cinque Giornate di Milano. E alla luce delle difficoltà con cui il Parlamento cerca di tradurre in legge e rendere operativo il risultato schiacciante del Referendum sull’Acqua Pubblica del giugno 2011. Senza per ora riuscirci.

Nel frattempo, le tariffe dell’acqua continuano ad aumentare (+60% in dieci anni a fronte di tassi d’inflazione oscillanti tra cifre decimali) così come il suo tasso di dispersione nelle tubature: più di un terzo di quanto immesso in rete continua a essere sprecato. In molte regioni italiane non ci sono facilitazioni, manca un qualunque aiuto alle famiglie in difficoltà per pagare le utenze. Tutta gente che rimane indietro per la crescente morosità che ha fatto aumentare i distacchi, dovuta alla cronica stagnazione economica del paese che, prima o poi, andrà affrontata in modo responsabile.

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