È iniziata la controffensiva dei petrolieri. Così mentre la Rockhopper Exploration Italia ricorre al Tar contro il ministero dello Sviluppo economico, accusato dalla multinazionale di perdere tempo e di bloccare il progetto Ombrina Mare, la Petroceltic Italia, proprio grazie al governo, porta a casa il permesso di ricerca. Dopo averci provato nel 2006 e dopo lo stop del Tar del Lazio nel 2011. Lo spartiacque è la legge di Stabilità entrata in vigore il 1 gennaio 2016 che reintroduce il divieto di esercitare attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle zone di mare poste entro 12 miglia dalle linee di costa, facendo salvi i titoli già rilasciati “per la durata di vita utile del giacimento”. Ebbene: se per il coordinamento No-Triv “il governo ha salvato Ombrina Mare, sospendendo la concessione al progetto prima dell’entrata in vigore della norma, eludendo il referendum e scongiurandone l’originaria scadenza fissata al 31 dicembre 2015”, ecco che la Rockhopper Exploration Italia non si sente affatto al sicuro. E corre ai ripari.
I PETROLIERI CHIEDONO DI SBLOCCARE OMBRINA – Il gigante del petrolio è titolare del permesso di ricerca di idrocarburi al largo della costa abruzzese, in un’area di 271,25 chilometri quadrati. Il 30 dicembre scorso la società inglese ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il ministero dello Sviluppo economico, la Regione Abruzzo, le Province e i Comuni interessati. L’obiettivo è quello di sbloccare il progetto Ombrina, minacciato dall’entrata in vigore della manovra per il 2016. Secondo la società la mancata concessione di coltivazione del giacimento Ombrina mare da parte del ministero “viola tutti i termini di legge previsti per l’iter”, come si legge nel ricorso. E ancora: il ministero “con una condotta omissiva” la tira per le lunghe “nonostante abbia tutti gli elementi necessari per concludere il procedimento”.  Di fatto sono passati sette anni dall’istanza. La ragione? Per la società inglese è tutta colpa del “dibattito in corso presso l’opinione pubblica” e di “varie iniziative legislative suscettibili di incidere profondamente sulle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare”. Prima fra tutte il referendum.
QUELLA CORSA CONTRO IL TEMPO – Nel testo del ricorso la multinazionale del petrolio approfondisce proprio il discorso della “mutevolezza del quadro normativo” che, secondo i petrolieri, “dovrebbe semmai indurre la pubblica amministrazione ad accelerare piuttosto che ritardare la conclusione del procedimento”. La Rockhopper Exploration Italia si rivolge al Tar perché ordini al ministero quella firma: “Il Mise deve senza ulteriore indugio emettere il decreto di conferimento della concessione di coltivazione alla società”. Anzi, per la società, avrebbe dovuto farlo prima dell’approvazione della Stabilità. “In caso di ulteriore inerzia” la società chiede che venga nominato un commissario ad acta. Il ricorso della multinazionale non ha destato stupore tra gli ambientalisti. Immediata la reazione del Coordinamento No Ombrina, che parla di una mossa “ampiamente prevista”. Secondo gli attivisti tutto ciò dimostra che la nuova norma entrata in vigore il primo gennaio 2016 è “un ostacolo insormontabile al progetto”.
IL COORDINAMENTO NO OMBRINA – Ma cosa accadrà ora? I No Ombrina non hanno dubbi. “Il Ministero – scrivono in una nota – dovrà esprimere un parere negativo all’istanza, in base alla nuova legge”. A quel punto è prevedibile che Rockhopper impugnerà il diniego. “Davanti al Tar – dichiara il coordinamento – solleverà questioni di costituzionalità della legge, cercando di vedersi riconosciuti almeno i danni per non aver il Ministero rispettato i termini istruttori dell’istanza dando parere positivo prima dell’entrata in vigore della nuova norma”.  Eppure secondo i No Ombrina di ostacoli alle trivelle ce n’erano e ce ne sono: primo fra tutti la questione del parco marino. “Lo stesso ministero – ricordano gli attivisti – lo scorso 9 novembre mise nero su bianco che non aveva avuto il tempo di esaminare il provvedimento in quanto emanato pochi giorni prima”. D’altro canto su questa stessa legge lo Stato ha proposto ricorso alla Corte Costituzionale. “Lì si vedrà  – chiosano gli attivisti – se la norma era o meno compatibile con la nostra costituzione”. Di fatto all’epoca era vigente e lo è tuttora e, quindi, andava rispettata dal Ministero. Il Coordinamento annuncia anche che intende intervenire ad opponendum “per contrastare tutte le istanze dell’azienda”.
CI RIPROVA LA PETROCELTIC – La Rockhopper Exploration Italia non è l’unica società a correre. Lo fa anche la multinazionale irlandese Petroceltic Italia a cui è stato rilasciato il decreto di permesso di ricerca per idrocarburi, sempre nel mare Adriatico, per sei anni. Decreto pubblicato sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse a fine anno. I primi tentativi della società nell’off shore pugliese, molisano ed abruzzese, risalgono al 2006. Ci fu una mobilitazione nelle Isole Tremiti sfociata nella manifestazione del 2011 a Termoli, alla quale partecipò anche Lucio Dalla. L’istanza di ricerca, la d 494 B.R-. EL è frutto di vecchie e diverse richieste, anche parzialmente interferenti con il limite delle 12 miglia marine. Ora riguarda un’area di 373 chilometri quadrati lungo la costa tra Vasto, Termoli e le Tremiti (a una distanza di 13,4 miglia marine dal litorale e dalle isole). Il progetto prevede l’uso della discussa tecnica di energizzazione sismica tramite Air-gun. Il decreto è stato pubblicato il 31 dicembre 2015, un giorno prima dell’entrata in vigore della legge di Stabilità. Ed è battaglia. “Il secondo quesito referendario – sostengono i No Triv – eluso dal Governo mediante l’abrogazione del Piano delle Aree, avrebbe consentito alle Regioni di pronunciarsi in modo vincolante”. I lavori di indagine geologica e geofisica dovranno partire entro 12 mesi, a decorrere dal 22 dicembre scorso. Quelli di perforazione entro due anni. Nel frattempo la deputata molisana del Pd Laura Venittelli annuncia un’interrogazione urgente al ministero dello Sviluppo economico “per appurare quale passaggi siano stati fatti per concedere il permesso di ricerca”, mentre il Coordinamento Trivelle Zero Molise ha avviato l’iter per un ricorso al Tar contro la concessione.
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