L’8 gennaio – anche a curiosare su Wikipedia – non riserva grandi eventi. Ognuno di noi ha qualche caro amico che compie gli anni, qualche nostalgico rammenta che nel ’58 Fidel Castro entra a L’Avana dopo la fuga del generale Batista, qualcun altro – più legato alla cronaca parlamentare di questi giorni – ricorda che sei anni fa, proprio oggi, in Portogallo viene approvato un disegno di legge per il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Quasi nessuno sa e può sapere che l’8 gennaio 2001 prendeva vita uno dei grandi sogni di eccellenza nazionale. Niente di straordinario, forse, se non per chi quella avventura l’ha vissuta o ha avuto modo di apprezzarne le riverberazioni positive sulla collettività.

Nucleo_speciale_frodi_telematiche

Quel giorno nasceva il Gruppo Anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza, il reparto speciale delle fiamme gialle dedicato al contrasto dei reati che vedevano il computer e Internet come strumento e bersaglio. Dopo quasi tredici anni di faticosa gestazione (ne cominciai a parlare alla fine del 1988 con enormi difficoltà a trovare interlocutori in grado di capire o almeno pazienti nell’ascoltare), grazie al Generale Pietro Sgarlata – pilota elicotterista in gioventù e quindi in epoca pionieristica – che amava le sfide, la GdF varava una rivoluzionaria unità operativa.

Un manipolo di coraggiosi, a me il privilegio di averli scelti e di averne assunto il comando. Nessuno strumento a disposizione (nonostante il reparto fosse stato formalmente istituito il 3 luglio 2000 nessuno si prese la briga di immaginare la necessità di dotazioni informatiche o delle più elementari risorse logistiche come stanze o scrivanie), computer più che mai “personal” (visto che ciascuno aveva portato il suo da casa), connessione in dial-up tramite centralino della caserma dove si era accampati. Nonostante il contesto “gitano”, la combriccola il successivo giorno 26 manda a segno il primo colpo con un tanto brillante quanto fortunoso intervento a difesa di Radio Vaticana finita nel mirino degli hacker.

Vivacità intellettuale e buona sorte hanno accompagnato la vita del Gat in una continua frenetica successione di operazioni di servizio. La cattura dei pirati informatici entrati nei sistemi informatici del Pentagono, della Nasa e di centinaia di entità governative di tutto il mondo è stata una delle pietre miliari della lotta alla criminalità digitale. Il 12 agosto 2001 segnò l’avvio della più straordinaria investigazione su Internet, che meritò il plauso dell’intelligence americano e dimostrò che il “made in Italy” aveva davvero un senso: infatti, ironia della sorte, erano italiani non solo gli implacabili sbirri ma anche i giovanissimi incursori protagonisti degli assalti telematici.

A quindici anni di distanza riaffiorano i ricordi più piacevoli: traguardi a volte incredibili, nottate insonni, micidiali cocktail di adrenalina ed entusiasmo irrefrenabile, duelli efferati online, ricerche azzardate e sperimentazioni curiose, fulminee scorribande in automobile per raggiungere le città più diverse per procedere con la massima urgenza a perquisizioni e sequestri….

Una vita da film, con la differenza che le avventure del grande schermo non durano più di due ore e invece quelle del Gat non conoscevano né orologio né calendario.

Nel 2004 la “promozione” a Nucleo Speciale Frodi Telematiche e la fortuna di incontrare un altro generale, Mario Iannelli, pronto a darci carta bianca, a regalarci fiducia, a iniettarci la più sbalorditiva voglia di fare. Peccato non aver avuto negli anni l’opportunità di avere sempre “superiori” degni di essere chiamati e considerati tali…

Centinaia di indagini meritevoli di titoli sui giornali, di gratificanti servizi radiotelevisivi, di complimenti da parte della magistratura.

Centinaia di encomi solenni e semplici, quelle medaglie di carta che per noi valevano più di ogni altra cosa e che etichettavano i ragazzi del Gat come i più premiati con riconoscimenti formali di ordine morale, i più bravi in poche parole.

Nel 2006 l’indagine sulle slot machine non collegate all’Anagrafe Tributaria e poi la scoperta di un danno miliardario all’Erario: alla soddisfazione della Corte dei Conti, che utilizza questo servizio come spunto di apertura del proprio anno giudiziario, non corrisponde eguale entusiasmo da parte della linea gerarchica. Nel 2011 l’atmosfera si fa progressivamente più pesante.

L’inchiesta della Procura di Grosseto sul naufragio della Costa Concordia richiama in causa il Gat, i cui specialisti riescono a recuperare i dati della navigazione e a contribuire allo svolgimento del processo che porterà alla condanna di Francesco Schettino.

Il 23 marzo 2012, mentre salgo le scale del Tribunale di Grosseto per recapitare l’esito del nostro lavoro tecnico-investigativo al Gip, il comandante delle Unità Speciali mi chiama sul cellulare per informarmi che sarei stato trasferito a frequentare un corso al Centro Alti Studi Difesa dove insegnavo da sedici anni.

La mia storia al Gat si ferma il 30 giugno del 2012, quando – dopo undici inutili interrogazioni parlamentari che chiedevano il mio mantenimento nell’incarico – ho lasciato la Guardia di Finanza per non mancare di rispetto alla mia dignità.

Qualcuno, a volte, mi chiede se la mia squadra esiste ancora.

Negli ultimi anni il Gat, dopo una decennale sovraesposizione mediatica, è sparito dai radar dei mezzi di comunicazione. Forse – a dispetto della diffusione dei servizi e degli utenti delle tecnologie – non ci sono più frodi, truffe, crimini eclatanti, casi meritevoli di essere resi pubblici.

State tranquilli, il reparto ha cambiato leggermente la propria dicitura ma è tuttora in servizio.

State sereni (e l’affermazione non è casuale), il Gat è vivo. Lo è almeno nel mio cuore, in quello di chi c’è stato, in quello della gente che l’ha sempre visto come un punto di riferimento.

Le leggende non muoiono nemmeno per mano della burocrazia.

@Umberto_Rapetto

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