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Evasione fiscale, chi l’ha detto che riducendola diminuirebbero le tasse?

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E così anche nel discorso di fine anno del presidente della Repubblica ritorna l’argomento del legame tra evasione e pressione fiscale oltre che di un non meglio precisato nesso tra evasione fiscale e crescita economica. Si tratta di un’idea abbastanza diffusa e ampiamente discussa purtroppo priva di fondamento e logicamente contro-fattuale come provo a illustrare brevemente di seguito.

Le tasse e le imposte sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero” dice il nostro presidente. Questa affermazione si basa sulla fallace e pericolosa concezione che esista una qualche “torta fissa” di imposte da pagare per cui, se Tizio non paga la sua parte tutti gli altri dovranno pagare di più per compensare.

In realtà la pressione fiscale è determinata dall’ammontare di spesa pubblica che occorre finanziare, una grandezza che come si può vedere nel grafico in calce tende a crescere del tempo indipendentemente da quanto gettito venga recuperato dall’evasione fiscale.

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Fonte: http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/07/le-pillole-rosse-3-pillola-il-debito.html

Dunque non è vero che se pagassimo tutti pagheremmo di meno perché quel che paghiamo di imposte dipende dalla spesa pubblica da finanziare (e dagli interessi da pagare sul debito accumulato con i deficit passati) una grandezza sulla quale nessun governo negli ultimi ha ritenuto conveniente per non perdere consenso e che l’illusione del meno-evasion-meno pressione contribuisce a propagandare come variabile indipendente.

I risultati in termini di pressione fiscale di questo atteggiamento li potete osservare nel grafico in calce tratto da lavoce.info.

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Dunque è estremamente fuorviante (oltre che mai verificato storicamente) sostenere che riducendo l’evasione si potrebbe ridurre la pressione fiscale.

Ma il passaggio che genera maggior confusione è quello inerente la crescita: “Un elemento che ostacola le prospettive di crescita è rappresentato dall’evasione fiscale. Secondo uno studio, recentissimo, di pochi giorni fa, di Confindustria, nel 2015 l’evasione fiscale e contributiva in Italia ammonta a 122 miliardi di euro. 122 miliardi! Vuol dire 7 punti e mezzo di Pil. Lo stesso studio calcola che anche soltanto dimezzando l’evasione si potrebbero creare oltre trecentomila posti di lavoro”.

Lo studio menzionato dal Presidente trasla sull’evasione tutti i demeriti in termini di mancata crescita e occupazione attribuibili di fatto all’eccessiva pressione fiscale con la colpevole conseguenza di distogliere l’attenzione dalla reale causa della ridotta crescita e mancata occupazione.

Dunque, senza alcuna polemica nei confronti del capo dello Stato, che si è limitato a citare uno studio di Confindustria, è rilevante in questa sede stabilire una corretta rappresentazione dei fenomeni economici di cui si parla:
1) Quel che vessa i cittadini onesti, riduce la crescita e l’occupazione è l’eccessiva pressione fiscale, non già l’evasione fiscale che non è collegabile alla pressione fiscale né da nessi logici né da evidenze empiriche (ve ne sono altresì di contrarie);
2) La pressione fiscale è determinata da una dinamica della spesa pubblica presente e di conseguenza dalla volontà dei governi che si succedono di non perdere consenso e oltre che dalla dinamica passata per la quale oggi occorre pagare interessi sul debito accumulato con i deficit passati;
3) L’evasione è un reato che va perseguito a norma di legge come tutti gli altri, farne uno strawman significa distogliere colpevolmente l’attenzione dalla dinamica della spesa pubblica e della tassazione eccessiva che hanno un rilievo ben maggiore sul benessere della collettività e soprattutto costituisce una evidenza tangibile della qualità della politica economica dei governi passati e presenti.

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