Sfida vinta per Recep Tayyip Erdogan che si riprende la Turchia e riconquista la maggioranza assoluta in Parlamento dopo lo scivolone della precedente tornata quando, lo scorso giugno, aveva fallito l’obiettivo mandando il paese a elezioni anticipate.

L’Akp ottiene così il 49,46 per cento delle preferenze, percentuale pari a 316 seggi su 550 e si riprende la guida del Paese che tiene saldamente dal 2002, eccezion fatta per gli ultimi 5 mesi quando il paese è stato guidato da un governo ad interim.

“Grazie a Dio, oggi è il giorno della vittoria della nostra nazione”, ha detto Ahmet Davutoglu, candidato premier dell’Akp in un breve discorso di ringraziamento ai suoi elettori a Konya, sua città natale. E proprio il suo “grazie a Dio”, che in turco si scrive “Elhamdülillah” è il contenuto del suo primo tweet a risultati ormai consolidati.

Il partito di sinistra filo-curdo Hdp, che era riuscito a sbarrare la strada a Erdogan alle elezioni precedenti con la sua storica entrata in Parlamento, cala nei consensi perdendo quasi un milione di voti, ma i suoi leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag riescono comunque a portare a casa il 10.4 per cento e a superare, seppur sul fil di lana, la fatidica soglia di sbarramento conquistando 59 seggi.

I repubblicani kemalisti del Chp si confermano la principale forza di opposizione con una percentuale superiore al 25,27 per cento pari a 133 seggi, mentre i nazionalisti dell’Mhp di Devlet Bahceli calano all’11,97 per cento lasciando sul terreno, meglio a Erdogan, quasi due milioni di voti.

Occhi puntati sulla riforma della Costituzione
Se il tandem Erdogan-Davutoglu può considerarsi certo di avere ritrovato quella maggioranza assoluta persa lo scorso 7 giugno, perché i 315 seggi conquistati superano e di molto la metà più uno dei 550 scranni del Parlamento turco, la musica cambia se si parla di riforma della Costituzione che il leader vorrebbe rivedere in senso presidenziale.

Per le riforme che cambiano l’architettura dello Stato, la legge prevede una maggioranza qualificata e cioè i due terzi dell’assemblea. Ma 367 sì sono troppi pure per Erdogan che così potrebbe tentare un’alleanza con qualche altra forza politica per raggiungere almeno quota 330 parlamentari. Così da fare passare la sua riforma dopo però l’approvazione di un referendum popolare.

Tensione e proteste dei curdi
Nel sud-est a maggioranza curda è subito esplosa la rabbia per un risultato inatteso che spezza il sogno di fermare il cammino del ‘sultano’. Mentre ancora il conteggio dei voti era in corso, a Diyarbakir manifestanti curdi hanno appiccato incendi ed eretto barricate, scontrandosi con la polizia che ha risposto con gas lacrimogeni e una decisa repressione delle proteste.

Le operazioni in tutto il Kurdistan turco si sono svolte in un clima di generale tensione. A Cizre, dove a settembre il governo di Ankara aveva imposto più di una settimana di coprifuoco totale nell’ambito degli scontri con il Pkk, osservatori internazionali hanno segnalato un atteggiamento intimidatorio da parte elle Forze armate.

Come riferisce All’Ansa il deputato di Sel Erasmo Palazzotto, vicepresidente della commissione Esteri della Camera e invitato sul posto insieme a una delegazione di deputati della Sinistra europea come osservatore dal partito filo-curdo Hdp, “abbiamo già controllato 5 seggi. In alcuni i militari turchi erano entrati, in altri li abbiamo fermati”.

Tra gli altri episodi segnalati, l’agenzia filo-curda Firat riferisce di un blocco dei militari lungo la strada che collega Diyarbakir al distretto di Lice.

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