La Dama nera non aveva solo il problema della riscossione delle tangenti, per il quale si innervosiva. Aveva anche il problema del fratello, Galdino Accroglianò, il damo nero junior. Un politico di Rossano Calabro, in provincia di Cosenza, 44 anni, da sempre legato alle sorti dei partiti di centro, per un periodo anche assessore in quota Udeur di una giunta di centrosinistra guidata da Franco Filareto. Alle elezioni regionali di fine 2014 si era candidato con l’Udc, ma Area Popolare in quell’occasione corse da sola, fuori dalle coalizioni di centrosinistra e centrodestra. Il damo raccolse 481 voti e rimase fuori dal consiglio. Ma a quel punto iniziarono i tentativi di entrare in Regione da una porta diversa da quella principale. E la chiave, secondo i magistrati della Procura di Roma, doveva essere Gigi Meduri, quello che gli inquirenti definiscono “l’oscuro faccendiere”. Il mediatore. “Menomale che c’ho messo Meduri che gli ha fatto la spiega” ringrazia il cielo, a un certo punto, la Dama nera parlando con uno dei suoi sottoposti, non solo all’interno dell’Anas, ma – secondo la Procura – anche nella banda degli appalti delle autostrade.

Uno che di strategie, accordi, salti della staccionata se ne intende. Ex deputato, fino agli ultimi giorni era abituato a ciondolare tutti i giorni in Transatlantico, alla Camera, nonostante non fosse stato più eletto da 9 anni, tra un caffè alla buvette e uno spiaggiamento sui giganteschi divani di Montecitorio. Ex presidente della Regione Calabria per un anno, anche se solo grazie a un “ribaltone” di un pezzo di Forza Italia. Ex democristiano e poi popolare e poi margheritino che però nelle ultime primarie del Pd ha deciso di sostenere e votare prima Pierluigi Bersani e poi Gianni Cuperlo, due ex comunisti, la sinistra del partito. E’ lui, secondo l’accusa, la carta della Accroglianò per far entrare il fratello in Regione. “Una sistemazione – scrive il gip -nell’ambito politico-pubblico”.

E il centro della partita, secondo i magistrati, è questo: da una parte Meduri si spende per Galdino; dall’altra la Accroglianò avrebbe dovuto spingere per la riconferma come geometri all’Anas di Antonio Clemente Chindamo e Gennaro Zizza. E allora la Dama nera rassicurava Meduri in una telefonata: “Quelli sono stati riconfermati, abbiamo altri guai per altri, che non sono i tuoi. Stai tranquillo. Ma Zizza? Non l’hai sentito tu, Zizza? Li abbiamo seguiti personalmente”. Ma la dirigente Anas e l’ex parlamentare si vedono anche, vicino agli uffici dell’Anas, a Roma, “lontano da occhi indiscreti“, chiede Meduri. Il motivo è che Meduri, durante quel colloquio, chiama il fratello della Accroglianò: gli dice di controllare il Bollettino ufficiale della Regione Calabria perché è lì che sarebbero stati pubblicati gli impieghi che l’amministrazione doveva ancora assegnare. Dicono le carte dell’inchiesta che si muovono in due, Meduri e la Accroglianò, per Galdino. Anche ad alti livelli: l’ex presidente dice di aver già parlato con “Mario” che – secondo il gip – “con ragionevole certezza” potrebbe essere Mario Oliverio, l’attuale governatore della Calabria. Mentre la funzionaria dell’Anas si lascia scappare: “Io mo… Il nominativo l’ho dato. Tutte quelle cose l’ho date a Cesa“.

Cesa è il segretario dell’Udc, il cui collegio elettorale si trova spesso in Calabria. L’Udc è il partito per cui ha corso Galdino Accroglianò. Chi legge potrebbe trovarlo incredibile, ma all’interno dell’Anas da anni viene indicata una sorta di “lobby dell’Udc“. E la Accroglianò sarebbe in questa “quota”. Dopo gli arresti il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani ha spiegato che da una valutazione fatta da un’azienda esterna, la Eric Salmon&Partner, la Accroglianò era stata definita “persona non adeguata” per quel ruolo “evidentemente i criteri di selezione che sono stati adottati per metterla in quel posto, non rispondevano a criteri di managerialità”. “Non c’è stato il tempo di rimuoverla” dicono in Anas.

“Mercoledì ci dobbiamo vedere – dice Meduri alla Accroglianò – che viene Mario e poi ti dico”. Ancora Mario. E il gip specifica di nuovo che verosimilmente potrebbe essere Oliverio. Poi se, come accade a volte in questi casi, si tratti di millanterie è da capire. Passano le settimane, la primavera del 2015 sta per finire e i contatti tra i due – ex parlamentare e dirigente Anas – non accennano a diradarsi. “Sei sicuro – dice lei – che quella società che… della quale parlavamo di Galdino, non hanno messo nessuno, ancora?”. E lui: “Domenica lo devo vedere, ma abbiamo fatto il discorso con Galdino. Io non mi muovo da quella lì. Se è una cosa utile e di rilievo, va bene. Sennò ti dico io. Domenica lo vedo e poi parliamo”.

Meduri è l’enzima, il facilitatore. Come quando, a giugno, i due imprenditori siciliani poi arrestati, peraltro simbolo della legalità nella zona di Catania, Costanzo e Bosco spariscono nel nulla in piena “esecuzione della tangente” (sempre stando alle carte dell’inchiesta. Bosco non risponde al telefono e alla Accroglianò prendono i cinque minuti: “E’ un disgraziato, questo non può sparire così, dottore. E’ un comportamento veramente di merda. Che maleducato, guardi. Ma che pensano, di fare. Di sparire”. E minaccia di bloccare le pratiche: “Si blocca tutto eh”. Così interviene Meduri che dice di insistere, di “menarlo ai fianchi”.

A luglio gli imprenditori non sono ancora ricomparsi e non avevano rispettato i loro impegni. Spariti da 10 giorni, quando – secondo i pm – avevano consegnato l’ultima tranche di denaro: “Io gliel’ho detto pure, dico: cercate di chiudere adesso, eh, non vi fate sentire più, non vi fate chiamare più”. Tra l’altro non avevano più scuse, secondo la dirigente Anas, perché avevano risolto anche altri problemi (che dall’ordinanza non si capisce quali sono). Sempre grazie a Gigi il negoziatore, che aveva organizzato un incontro con “il ministro”. Non si sa che ministro è, ma l’intercettazione è di luglio: “Perché mò, dottore, stanno messi bene. Perché poi, Meduri li ha fatti incontrare anche con il ministro. Gli hanno fatto vedere il progetto”.

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