Dunque, mi è capitato di moderare alcuni dibattiti di recente. Ero al Festival del racconto e dell’etica sportiva a Macerata, Overtime Festival, e sono uscite tante storie bellissime e inedite sul calcio. Tra le tante, trovo che sia una novità assoluta sentir parlare a ruota libera un arbitro, e trovo che sia anche molto interessante se a rispondere alle domande è il terzo arbitro internazionale più importante che abbiamo in Italia, Nicola Rizzoli (il pretesto era la presentazione del suo libro “Che gusto c’è a fare l’arbitro“). L’arbitro Rizzoli ha raccontato aneddoti su come gestisce le teste calde in campo, ha spiegato come mantenere la calma nelle situazioni di tensione, ha ampliato il discorso uscendo dal campo di calcio ed entrando nella vita di tutti i giorni. La cosa bella con lui è stato fare continue metafore, continui richiami alle situazioni legate alla quotidianità. Secondo me dovrebbero esserci più possibilità di sentir parlare gli arbitri fuori dagli schemi classici (e lontani dalle interviste del mainstream), sono persone di grande preparazione: a me piace pensare che gli arbitri siano quelli che danno l’esempio per vivere a testa alta, siano quelli che fanno rispettare le regole, siano quelli che premiano le capacità e il merito. La mia idea sugli arbitri è cambiata da quando ho visto “Kill the referee“, il documentario belga sui 5 arbitri della finale dell’europeo del 2008 (Rosetti, Webb e gli altri). E ascoltando Rizzoli, ancora di più.

Poi, tra le altre interviste che ho fatto (dalla serata con Pierluigi Pardo che racconta i suoi esordi e come vive l’attualità sportiva di tutti i giorni, con centinaia e centinaia di ragazzini che pendevano dalle sue labbra e non volevano che smettesse; a Marco Ardemagni con il suo libro “Irrimediabilmente rime” e i giochi di parole di un’ironia indiscussa) dicevo: ho moderato l’incontro con Laura Coccia, e le storie che racconta lei sulla sua esperienza personale di atleta paralimpica sono molto toccanti. Mi ha raccontato delle sue battaglie per far sentire tutti gli atleti con disabilità più sicuri di sé e vincenti. Ha commosso tutti i presenti con le sue storie risalenti ai tempi della scuola, in cui i maestri stessi non la facevano certo sentire a sua agio. E della sua recente trovata di postare su Facebook la sua prova bikini, per insegnare a tutte le ragazze ad accettare il proprio corpo.

CQ8GfOrXAAAkebkVa beh, dico anche che ho vinto il Festival nella sezione cortometraggi a tema diritti umani, primo premio votato anche da Amnesty International, per il mio short-movie, nato da un reportage scritto per il Fatto Quotidiano a aprile scorso. A premiarmi c’era Cristina Conde Felix, directora del Festival di Cine Baja California (e il corto concorrerà a marzo anche lì, in Messico): ho annunciato l’uscita del libro nato da questi viaggi a Hebron e dintorni a studiare il significato del calcio in queste terre. Si chiamerà “La guerra del pallone” (con chiaro riferimento nel titolo a quello di Kapuscinski), ed esce tra un mese, sul mio sito tutti i dettagli.

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