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Lega espelle l’ex capogruppo Reguzzoni. “Esternazioni lesive prima del voto”

L'ex presidente dei deputati del Carroccio, bossiano, aveva promosso "I Repubblicani", associazione creata con la De Girolamo (Ncd) per riunire il centrodestra
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L’ex capogruppo alla Camera della Lega Nord Marco Reguzzoni è stato espulso dal partito. A deciderlo il direttivo provinciale di Varese con 11 voti favorevoli e due contrari. “Le esternazioni in piena campagna elettorale, lesive e portatrici di confusione per l’immagine della Lega – spiega il direttivo – oltre alla promozione della creazione di un movimento politico diverso sono le principali motivazioni del provvedimento”. La dirigenza varesina si riferisce all’impegno politico dell’ex presidente dei deputati del Carroccio che, insieme alla deputata Ncd Nunzia de Girolamo, nei mesi scorsi ha promosso l’associazione dei Repubblicani, un nuovo gruppo politico con lo scopo di riunire il centrodestra. Lo scorso 2 giugno, subito dopo le elezioni regionali, è stato il promotore di una convention a Milano per dare vita all’associazione.

Dopo l’espulsione, Reguzzoni, bossiano, è in attesa di sapere quale posizione prenderà il comitato federale di garanzia, quello di cui fa parte proprio Umberto Bossi, fondatore della Lega Nord. “Il direttivo – si legge in una nota – ha proposto l’espulsione, dopo breve e concisa discussione, con esito quasi unanime. Vista l’anzianità di militanza, il provvedimento sarà vagliato per ratifica definitiva dal Comitato federale di garanzia“.

Quella di Reguzzoni è solo l’ultima di una lunga serie di espulsioni. La più recente è quella del sindaco di Verona Flavio Tosi che dopo 25 anni di militanza è stato allontanato dal partito, colpevole di essersi candidato a governatore del Veneto, in competizione con Luca Zaia. Il primo espulso risale al 1994: Franco Rocchetta, accusato, insieme alla ex moglie Marilena Marin e a Vittorio Aliprandi, di essere un berlusconiano e di voler ritardare il cammino federalista. Sempre nel ’94 è stato espulso l’ideologo leghista Gianfranco Miglio per aver testimoniato contro Bossi nel processo Enimont durante Mani Pulite. Il Senatur era indagato per una tangente da 200 milioni di lire.

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