La campagna Bds (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni) contro Israele cresce e la risposta del governo si fa veemente. Mercoledì alla Knesset, in un dibattito parlamentare, la neoministra della giustizia Avelet Shaked, volto femminile del partito di estrema destra Focolare ebraico, si è scagliata contro il boicottaggio definendolo “antisemitismo in abiti nuovi”. La giovane ministra, considerata la portavoce dei coloni ebrei in Cisgiordania, non è nuova a uscite forti. Lo scorso anno, poco prima della guerra a Gaza, la Shaked pubblicò un articolo in cui venivano giustificati i bombardamenti sui civili “incluse le madri dei martiri palestinesi che li mandano all’inferno tra fiori e baci”.

Martedì il Sindacato degli Studenti Inglesi, Nus, ha aderito alla campagna Bds approvando la mozione 518 ‘Giustizia per la Palestina’, che condanna la presenza militare israeliana in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Inoltre gli studenti hanno deciso di “organizzare una manifestazione nazionale in solidarietà con la Palestina il 29 Novembre”. Il messaggio che non è piaciuto alla Shaked: “Un tempo la gente era abituata a delegittimare gli ebrei – spiega la ministra- ora la fa con il nostro Stato. Se non è politicamente corretto oggi essere antisemiti, è invece molto ‘in’ essere anti Israele. Il Bds si oppone a Israele come Stato ebraico”. Anche il primo ministro Benyamin Netanyahu ha criticato l’adesione del Nus alla campagna di boicottaggio: “Condannano Israele e non condannano l’Isis, si condannano da soli”.

L’opinione pubblica israeliana è irrequieta, il Bds vorrebbe creare a una mobilitazione internazionale per il boicottaggio paragonabile a quello sudafricano durante l’apartheid. Questa settimana Yediot Ahronot, uno dei quotidiani più diffusi nel paese, ha titolato in prima pagina “Stiamo combattendo il boicottaggio”. Domenica scorsa Netanyahu ha detto che contro Israele è in corso “una campagna internazionale per macchiarne il nome”. L’accusa del primo ministro è arrivata a conclusione della vicenda che voleva escludere Israele dalle competizioni della Fifa. I palestinesi avevano chiesto alla federazione calcistica che Israele venisse sospeso. Le rimostranze di Ramallah sono basate sulle limitazioni che Israele impone ai calciatori palestinesi, a cui sono negati i permessi per viaggiare e partecipare alle competizioni internazionali, e su quelle all’importazione di attrezzature sportive. Inoltre, e qui entra in campo la questione del boicottaggio e quindi il sostegno al Bds, alla lega calcio israeliana partecipano diverse squadre delle colonie. Secondo la legge internazionale le colonie ebraiche in Cisgiordania sono illegali, per questo una rete di attivisti di tutto il mondo chiede che i prodotti, e anche le squadre di calcio, degli insediamenti vengano boicottati. I palestinesi, dopo pressioni internazionali, hanno deciso di ritirare la richiesta di sospensione, ottenendo però la creazione di un comitato della Fifa che si occupi della questione.

La compagnia telefonica Orange ha reso noto giovedì che interromperà le relazioni commerciali con il suo socio israeliano Partner Communication. L’esecutivo di Tel Aviv ha fatto scoppiare la polemica indicando tra i responsabili della decisione anche il governo francese, che detiene il 25% della Orange. La compagnia telefonica non chiarisce il motivo del cambio di strategia. In molti ritengono che la scelta sia stata dettata dal documento ‘Le relazioni pericolose di Orange nei Territori Occupati Palestinesi’ sottoscritto dal potente sindacato Cgt e dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani.

Il processo di pace è bloccato e la comunità palestinese sta tentando diverse strade per mettere alle strette Tel Aviv. Il boicottaggio è forse quella che più spaventa lo Stato ebraico. Secondo Ali Abunimah, cofondatore di Electronic Intifada, “il Bds sta rimpiazzando l’Iran come più grande ‘minaccia esistenziale’” per Israele. Della stessa opinione il giornale liberal Haaretz che titola “Fine dell’era Iran; comincia l’età del Bds”. I sionisti in tutto il mondo stanno organizzando a loro volta diverse campagne di supporto. Sheldon Adelson, magnate ebreo americano e grande sostenitore di Netanyahu, a convocato a Las Vegas una riunione di tutte le lobby filoisraeliane per creare una campagna comune contro il Bds. Adelson, che ha costruito la sua fortuna con i casino statunitensi, è uno dei più noti imprenditori in Israele. È il proprietario di Israel HaYom, l’unico quotidiano in distribuzione gratuita del paese. L’influenza del quotidiano ultraconservatore è così forte che per molti analisti la ragione che ha portato alle elelzioni anticipate dello scorso marzo è stata una legge che voleva impedire la distribuzione gratuita dei quotidiani. Adelson chiama, Bibi risponde. Ora è il premier che sembra aver chiesto aiuto al miliardario del Nevada.

Tra le azioni più discusse degli attivisti sionisti c’è Canary Mission “un database creato per esporre individui e gruppi che sono –si legge in homepage dell’organizzazione- contro la Libertà, antiamericani e antisemiti, questo per proteggere i nostri valori democratici”. Sulle pagine del sito sono pubblicate quelle che sembrano delle liste di proscrizione con nomi, foto e diversi dettagli personali di attivisti pro palestinesi. Tra questi figura Omar Barghouti, fondatore del Bds.

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