Pazienti su una sedia a rotelle da dieci anni che riacquistano l’uso delle gambe. Malati che hanno perduto la vista in grado di tornare a vedere. Sono gli effetti di un “trattamento capace d’invertire i sintomi della sclerosi multipla”, secondo quanto riportato dal quotidiano britannico “Daily Telegraph”. Effetti che un team di studiosi inglesi dello Sheffield teaching hospital, autori della sperimentazione illustrata in uno studio pubblicato sulla rivista “Journal of the american medical association (Jama)”, non hanno timore di definire con una certa enfasi “miracolosi”.

“Miracoloso non è un termine che uso a cuor leggero – precisa Basil Sharrack, a capo del team britannico -, ma abbiamo assistito a profondi miglioramenti neurologici”. Ma in cosa consiste questo trattamento definito miracoloso? I ricercatori britannici sono partiti dall’ipotesi che nella sclerosi multipla – patologia neurologica che colpisce nel mondo quasi 2 milioni e mezzo di persone, portando alla progressiva perdita del controllo muscolare e di cui non si conoscono ancora le cause – sia il sistema immunitario ad attaccare il cervello e il midollo spinale, causando infiammazione, dolore, disabilità e portando, nei casi più gravi, alla morte. Per questo, la terapia elaborata dal team inglese si basa sulla distruzione del sistema immunitario, attraverso altissime dosi di farmaci chemioterapici e, successivamente, sulla sua ricostruzione, grazie al trapianto di cellule staminali prelevate dal sangue dello stesso paziente. Le staminali agiscono subito. Dopo solo due settimane cominciano a produrre nuovi globuli rossi e bianchi. In appena un mese il sistema immunitario si riattiva, e i pazienti cominciano a percepire i primi cambiamenti.

In Inghilterra sono 24 le persone colpite da sclerosi multipla a essersi sottoposte finora ai test, nell’ospedale Royal Hallamshire di Sheffield e nel Kings College di Londra. Ma questo trattamento, basato sull’autotrapianto di staminali del midollo osseo non è, in realtà, del tutto nuovo. Lo dimostra, ad esempio, una ricerca italiana, condotta da Giovanni Mancardi dell’Università degli Studi di Genova e Riccardo Saccardi dell’Azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze, e pubblicata nelle scorse settimane sulla rivista “Neurology”.

“È una procedura su cui numerosi gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando ormai da una ventina di anni – precisa all’Agi Mancardi, uno degli autori dello studio promosso dalla Società europea trapianti di midollo (Ebmt) e finanziato dalla Fondazione italiana sclerosi multipla (Fism) -. Il trattamento consiste nell’applicare un’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. Una quindicina di giorni fa – sottolinea lo studioso – abbiamo pubblicato uno studio in cui abbiamo dimostrato che questa procedura è più efficace della terapia farmacologica standard”.

In Italia, dove le persone colpite dalla malattia, secondo l’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism), sono circa 72mila, soprattutto donne, la notizia arriva negli stessi giorni in cui l’Aism organizza una campagna di raccolta fondi, dal titolo “Don(n)a una gardenia”, proprio in occasione della festa della donna, per sostenere la ricerca attraverso l’acquisto di una gardenia in 3mila piazze italiane. La sclerosi multipla, infatti, è una malattia contro la quale non esistono ancora terapie efficaci considerate definitive.

“La ricerca sulla sclerosi multipla si sta focalizzando sempre più nell’individuare soluzioni sulle forme gravi, quelle progressive, per le quali non esistono terapie – afferma Marco Salvetti, neurologo dell’Università La Sapienza di Roma e ricercatore della Fondazione italiana sclerosi multipla -. Occorre indirizzare la ricerca verso quelle strade che potranno dare risposte efficaci nei tempi più rapidi, e una di queste è sicuramente la ricerca sulle cellule staminali”. Gli stessi studiosi inglesi, del resto, nonostante l’enfasi scelta nel dare l’annuncio dei primi risultati della loro sperimentazione, precisano che esistono alcune controindicazioni. “Non si tratta di una terapia adatta a tutti perché – puntualizza Sharrack – è molto aggressiva. I pazienti devono essere, infatti, piuttosto in forma per sopportare gli effetti della chemioterapia”. Anche Mancardi è dello stesso avviso. “Questa procedura – spiega lo studioso italiano – è indicata solo nei casi in cui il paziente è colpito da una forma molto aggressiva di sclerosi multipla, e non per quelli costretti sulla sedia rotella. Si tratta, infatti, di un trattamento molto forte che ha un tasso di mortalità intorno all’1-2 per cento. Quindi – conclude Mancardi -, non può essere somministrato a cuor leggero”.

L’abstract dello studio inglese su Jama

L’abstract dello studio italiano su Neurology

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