A Roma una tessera su cinque è falsa, il 20% dei circoli (circa 130) apriva solo in occasione dei congressi, tra le sezioni e le federazioni i debiti Dem ammontano a circa 2 milioni di euro. Matteo Orfini è commissario ormai da due mesi e mezzo (da quando il Pd romano è stato affondato da Mafia Capitale) e l’indagine su circa il 35% dei circoli evidenzia una realtà sconsolante. Tanto che Orfini ha deciso di nominare due sub commissari. Il primo l’ha chiamato lui direttamente ieri (giovedì 19 febbraio, ndr), per informarlo. È Stefano Esposito, senatore torinese, membro della Commissione Antimafia, da poco arruolatosi attivamente nel renzismo. Dovrà occuparsi di Ostia, territorio di forti infiltrazioni mafiose. Ci sarà presto un altro sub commissario per Tor Bella Monaca. Per adesso, Orfini e i suoi stanno controllando il tesseramento e stanno lavorando sui circoli. Ufficialmente, non si punta il dito su nessuno. Nei mesi scorsi, però, alcuni sono balzati ai disonori della cronaca: per accuse di tesseramenti gonfiati furono segnalati alla Commissione di Garanzia nel 2013, oltre a Tor Bella Monaca, Cassia/Tomba di Nerone, Casal Bertone.

Anche a Testaccio ci fu un caso di tesseramento insolitamente alto, come a Corso Lanciani. Che il Pd a Roma sia letteralmente a pezzi ormai non è un mistero per nessuno. Ma non gode di ottima salute neanche in giro per l’Italia: le primarie in Emilia Romagna sono passate alla storia per la bassissima partecipazione. Quelle liguri si sono concluse con l’addio al partito di Sergio Cofferati, dopo la vittoria della Paita. Per quelle campane i vertici del partito fanno una riunione al giorno. E spostano continuamente la data. Tanto per citare alcuni dei casi più eclatanti. Matteo Renzi, da segretario-premier, quella che lascia più indietro è proprio la gestione del partito. Una prova su tutte, le ormai famose cene di autofinanziamento del Pd: entrarono ospiti controllati e incontrollati (vedi Salvatore Buzzi) e un elenco dei partecipanti ancora non c’è.

Se sul territorio la questione è delicata, in Parlamento non è molto più facile. L’elezione di Mattarella è stato un “capolavoro” politico, riconosciuto da oppositori e sostenitori. Ma l’effetto benefico è durato poco: le riforme costituzionali alla Camera il Pd se l’è votate da solo, con la minoranza fortemente critica nei confronti della maggioranza. E che annuncia battaglia sull’Italicum in arrivo. Non solo: il lavoro parlamentare si svolge tra fiducie, sedute fiume, nottate in Commissione. Con il gruppo dem che sbanda: le decisioni sono tutte a Palazzo Chigi e la gestione parlamentare è spesso e volentieri improvvisata. Situazione difficile, che molti soffrono.

E allora, intorno al Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio sta nascendo quella che a Montecitorio già definiscono la più grande corrente del Pd. Una corrente di maggioranza, certo, ma che vede tra i promotori i renziani, non solo fedeli, ma pure autonomi. Ruolo di punta, quello di Matteo Richetti, deputato emiliano tra i primi a passare con il premier, poi più lontano, adesso di nuovo vicino. Nelle ultime settimane ha avuto spesso il compito di tenere insieme il gruppo alla Camera. Poi, c’è Angelo Rughetti, sottosegretario alla pubblica amministrazione, un passato nell’Anci con DelrioMa c’è anche uno come Lorenzo Guerini, che da vice segretario sa come sia difficile gestire il Pd.

“Prima del partito della nazione, facciamo la corrente della nazione”, era la battuta che circolava ieri in Transatlantico: e in effetti ad essere coinvolti sono molti vicini a Renzi, ma meno vicini al cosiddetto “Giglio magico”. Come Andrea Romano e Gennaro Migliore. Come i veltroniani (da Verini in giù) e i lettiani. Come Alfredo Bazoli, Alessia Morani, Simona Malpezzi, Roger De Menech. Il premier non sembra contrario. È stato lui a lasciar libero ciascuno di organizzarsi: evidentemente anche lui sa di aver bisogno di una mano. Più in difficoltà sono i “fiorentini”: Luca Lotti e Maria Elena Boschi, che in questo nuovo assetto rischiano di dover contare le rispettive truppe (tra loro vicine, ma non unite).

Nel frattempo, Area Dem è sostanzialmente deflagrata, con alcuni pezzi grossi (come Ettore Rosato) ormai più vicini alla Boschi che a Franceschini e la minoranza è un insieme di correntine non omologabili. E poi ci sono i Giovani Turchi di Orfini. Azionisti di maggioranza, che più che altro cercano di conquistare posti di rilievo nelle realtà locali che contano. Come impatterà sul Pd la nuova corrente? Resta da vedere. Per ora il progetto è ambizioso e comprende anche la scelta di fare politica sul territorio: Richetti ha già in testa un tour per l’Italia. Oltre a giornate di lavoro per i parlamentari.

Da Il Fatto Quotidiano del 20 febbraio 2014

Aggiornato da Redazione Web il 20 febbraio

 

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