Sarebbe stato sufficiente protocollare la lista che l’ex ministro delle finanze francese Christine Lagarde inviò per corriere diplomatico ad Atene nel 2010 per raggranellare ben 25 miliardi di euro frutto di tangenti ed evasione. E invece solo oggi, con il nuovo governo Tsipras, la Grecia muove un passo vero contro malaffare e riciclaggio.

Un pm per fermare la voragine dell’evasione fiscale in Grecia, un buco nero a cui hanno contribuito un po’tutti, così come scrisse l’ex ministro socialista Philippos Pangalos nel suo pamphlet “Mazi ta fagame” (Insieme ce la siamo mangiata tutti, soggetto sottinteso la Grecia). Il governo Tsipras, oltre che con i proclami sul taglio del debito, nasce con un ministro nuovo di zecca, quasi in sordina rispetto al prorompente Varoufakis. Si chiama Panaghiotis Nikoloudis e sarà il Raffaele Cantone greco, al lavoro contro chi in questi anni ha fatto il furbetto sotto l’Acropoli, ma con direzione Svizzera. Non una deriva giustizialista, semplicemente la consapevolezza che quei denari, tramite uno scudo fiscale o un altro strumento fiscale, potrebbero essere utilizzati per le emergenze sociali del Paese.

Questo sostituto Procuratore della Repubblica parla senza mezzi termini di liste di evasori da perseguire e contribuenti che dichiaravano zero pur avendo barche e aerei privati. Nikoloudis avrà per la prima volta nella storia democratica greca poteri illimitati nel controllo dei pubblici appalti, la grande nota dolente del Paese. In Grecia infatti sino a prima della crisi non esisteva un albo per gli appalti, anche perché la maggior parte dei lavori pubblici si svolgevano per assegnazione diretta. Strade, autostrade, ponti, illuminazioni a totale discrezione di sindaci, governatori, ministri. E assegnati a tre o quattro multinazionali elleniche, le stesse che gestiscono reti televisive, quotidiani e periodici, siti di informazione, squadre di calcio, trasporto e commercio di derivati del petrolio in quanto armatori.

Al pari di Varoufakis, il suo era un nome già scritto da tempo sulla scrivania di Tsipras nella sede di Koummounduru. Nato nel 1949 a Mani, incantevole zona nel sud del Peloponneso nota ai libri di storia per non aver subito l’invasione turca (tra l’altro buen ritiro dell’italiano Umberto Eco), si è distinto dal 2010 per aver redistribuito 200 milioni di euro impegnati in acquisto di armi in altri settori. Ogni volta che Nikoloudis ha testimoniato dinanzi alla commissione ad hoc della Camera per presentare i risultati annuali dell’Autorità anticorruzione ha toccato tutti i maggiori scandali del Paese. Come quando ha scoperchiato il vaso di Pandora del caso Proton su cui nella relazione finale aveva scritto che questi criminali “non usano kalashnikov o maschere, ma i giornali“. E ancora, “ovunque c’è corruzione, ma negli altri paesi il triangolo è composto da élite economiche, élite politiche e dei media. Qui è il contrario: élite economica, che controlla i media e solo terza l’élite politica“.

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