Il commercio bilaterale tra Repubblica popolare cinese e America Latina arriverà tra dieci anni a valere 500 miliardi di dollari. Ovvero raddoppierà. Così le dichiarazioni ufficiali in apertura della due giorni di incontri che vedono ministri e presidenti di 33 stati sudamericani e caraibici confluire per la prima volta a Pechino. Si tratta del Celac, un blocco politico fortemente voluto dall’ex presidente venezuelano Hugo Chavez che, non con poco orgoglio, ha escluso Stati Uniti e Canada. La cooperazione tra queste due parti di mondo sarà significativa a livello geopolitico, anche perché il Sud America è sempre stato considerato territorio di influenza statunitense o – come spesso semplificano i media – il suo “giardino sul retro”.

Secondo quanto scritto dall’agenzia di stampa Xinhua, “la cooperazione tra Cina e Celac copre un quinto delle terre emerse e un quarto della popolazione mondiale. Per questo contribuirà in modo unico all’economia mondiale e all’ordine internazionale”. E il Global Times intervista esperti in materia che evidenziano come gli Stati Uniti potrebbero sentirsi già “scomodi” in questo nuovo ordine: sarebbe per questo che hanno ripreso i rapporti con alcuni Paesi dell’area, non ultima Cuba.

Ma la Cina, che ormai insidia da vicino il loro primato economico, coopera già con diversi Paesi dell’America latina nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell‘agricoltura, dell’industria e dell’innovazione tecnologica. In effetti sta già comprando il petrolio dal Venezuela, il rame dal Perù e dal Cile e la soia dal Brasile e dall’Argentina. E negli stessi paesi sta investendo cifre considerevoli: 261,6 miliardi di dollari nel 2013 contro i 12 investiti nel 2000.

C’è anche da sottolineare che molte delle infrastrutture finanziate dai cinesi e annunciate in pompa magna dai governi nazionali latini sono rimaste solo sulla carta. Quanto all’ambiziosissimo canale del Nicaragua, progetto da 50 miliardi di dollari che mira a insidiare il primato di quello di Panama stravolgendo gli attuali equilibri geopolitici, molti sono i dubbi sulla sua fattibilità. L’inizio dei lavori è stato comunque annunciato il mese scorso e l’appalto è andato all’azienda di Hong Kong HKND group del miliardario cinese Wang Jing.

Diversi analisti giudicano l’interesse cinese per il Sud America simile a quello mostrato per i paesi africani, ma meno rischioso per gli investimenti. Mercoledì scorso la Repubblica popolare ha accordato 20 miliardi di dollari al Venezuela (che vanno a sommarsi ai 40 investiti negli ultimi cinque anni) e 7,5 all’Ecuador. Entrambi i paesi sono fortemente dipendenti dalle esportazioni di petrolio, il cui prezzo è crollato a circa 50 dollari al barile. La televisione di stato cinese, annunciando l’accordo, ha comunicato che Xi avrebbe chiesto a Maduro di “promuovere lo sfruttamento del petrolio”.

Già a luglio, durante il viaggio del presidente Xi Jinping nella regione, Pechino aveva annunciato prestiti considerevoli: 20 miliardi di dollari per le infrastrutture, 50 per lo sviluppo agricolo e 5 per lo sviluppo di un fondo di cooperazione tra le due aree del mondo. Secondo i dati della Global Economic Governance Initiative dell’Università di Boston, dal 2005 la Repubblica popolare avrebbe emesso oltre 100 miliardi di dollari di crediti destinati ai paesi dell’America Latina.

Così la Cina sta aumentando la sua influenza diplomatica in tutta la regione, nonostante politicamente ci sia ancora qualche nodo da risolvere. Dei 22 stati che riconoscono ancora Taiwan, infatti, 12 fanno parte del Celam.

di Cecilia Attanasio Ghezzi

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