#piubandalarga per tutti. Con questo hashtag è stata lanciata in rete una campagna su socialbombing.org, indirizzata al ministero dello Sviluppo Economico Federica Guidi, che si pone l’obiettivo di adeguare il nostro Paese agli standard europei in termini di diffusione di broadband. “Io seguo l’infrastruttura digitale da molti anni – spiega Giulio Cupini, ideatore della petizione – e ci sono aziende come Netflix che decidono di non investire nel nostro Paese perché la banda larga è ancora al di sotto del 50% di penetrazione“. L’obiettivo principale è “cercare di far partire un dibattito parlamentare sulla destinazione di fondi alle opere infrastrutturali digitali”. #piubandalarga è anche un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica: “E’ vero, le strutture sono carenti, ma quello che manca è soprattutto un dibattito pubblico intorno a questo tema – prosegue -. D’altronde parlare di un argomento è il primo passo per affrontarlo”.
La campagna, infatti, risponde soprattutto a una necessità culturale: “I cambiamenti arrivano quando è la società a chiederli, ma se le persone non lo fanno il meccanismo si inceppa – dice Cupini – e per questo vorrei far capire sia ai singoli cittadini sia alle aziende che sono loro i primi a essere danneggiati se non hanno accesso alla banda larga”. Chiunque può aderire gratuitamente alla campagna postando un messaggio che contenga l’hashtag #piubandalarga sul proprio profilo Twitter o Facebook, mentre “chi lavora nell’ambito del marketing può offrire metodi alternativi attraverso l’advertising su Google o un crowdfunding di pubblicità”, spiega Cupini.
E i primi risultati sono già visibili: “L’algoritmo considera tutte le persone che seguono chi posta un messaggio a favore della campagna e per ora siamo a 300mila cittadini coinvolti in maniera diretta e indiretta”. In più, l’ideatore della petizione considera la piattaforma del socialbombing “lo strumento giusto per avviare un dibattito” perché finora ha consentito “un’adesione in termini numerici che – precisa – non avrei mai raggiunto con altri canali”. La campagna vuole dunque dare visibilità a una questione ancora irrisolta nel nostro Paese.
A confermarlo c’è anche lo studio di Ofcom, Autorità inglese di settore, pubblicato nel marzo scorso: l’Italia è ultima per innovazione rispetto a Regno Unito, Francia, Germania e Spagna, e nonostante questo i prezzi restano piuttosto alti. A ciò si aggiunge la quasi totale assenza di reti ultraveloci (quelle che assicurano almeno trenta mega), con un desolante 10-15% di diffusione contro il 70-75% degli inglesi: “Siamo agli ultimi posti in termini di diffusione delle infrastrutture e, quando queste ci sono, la velocità è scarsa”, sottolinea Cupini. “A Roma, ad esempio, ci sono delle differenze abissali anche tra quartiere e quartiere”. E il governo resta a guardare: “Spesso gli investimenti vengono affidati ai privati che però non hanno interesse a farlo se non c’è un’utenza culturalmente avanzata. Per questo sarebbe necessario un apporto importante da parte dello Stato“.
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