Per Alberto Nagel e Renato Pagliaro non poteva esserci miglior biglietto da visita. Il ritorno all’utile di Mediobanca con lo stacco del dividendo sono un’ottima presentazione per arrivare al 29 settembre, data in cui si riunirà il gruppo dei soci più importanti della banca per decidere la rosa dei nomi del nuovo consiglio di amministrazione. Poco importa che il risultato positivo sia soprattutto figlio di dismissioni e utili da partecipate importanti come le Generali. Ciò che conta è il dividendo da portare in dote. Soprattutto perché negli ultimi tempi le indiscrezioni avevano messo in dubbio il rinnovo dell’amministratore delegato che ha pianificato il suo trasloco a Londra e lo smantellamento del salotto buono di Enrico Cuccia con un piano di dimissioni da 1,6 miliardi. Incertezze legate a vecchi attriti come il salvataggio del gruppo Ligresti di cui Nagel ha tessuto le fila sostenendo l’opzione Unipol dopo aver bloccato l’avanzata francese di Groupama, vicina all’industriale e socio di Mediobanca, Vincent Bolloré, oggi uomo chiave nella partita per il futuro di Telecom Italia.

Finora però la strategia portata avanti dal management di Mediobanca ha dato soddisfazione agli azionisti, in primis Unicredit, che hanno sostenuto Nagel nel suo piano finalizzato ad “incrementare la redditività” attraverso “la rifocalizzazione sull’attività bancaria” e il “proseguimento nel piano di cessioni”. Parole che, del resto, suonano come musica per le orecchie di soci colpiti dalla prolungata crisi e alla ricerca di ricche cedole e di potenziali acquirenti di pezzi dell’impolverato salotto buono. Tanto più che a guardare bene i numeri di Mediobanca non sarebbe oggi immaginabile una strategia diversa che, senza vendere i gioielli di famiglia, permetta di mettere in sicurezza i conti in base alle nuove regole bancarie: nell’esercizio concluso a giugno con il miglior risultato mai realizzato dal crac della banca americana Lehman Brothers (2008) , Piazzetta Cuccia ha beneficiato di 840 milioni di incassi da cessione con 240 milioni di guadagno netto post svalutazioni, poco meno del doppio di quello che se ne andrà in dividendi (129 milioni).

Sono state vendute partecipazioni storiche come l’editrice del Corriere della Sera, Rcs, Gemina, Saks, Intesa e alcuni strumenti ibridi della Unicredit dell’era di Alessandro Profumo. E’ stata anche alleggerita notevolmente la quota detenuta in Telco, la holding di controllo di Telecom Italia, da cui la banca meneghina dovrebbe uscire nel 2015 quando dirà addio anche ad Rcs. Non solo: alla buona performance dell’istituto di credito ha contribuito anche in maniera sostanziosa la partecipata Generali con ben 261 milioni di euro contro gli appena 17 di un anno fa. 

Eppure, nonostante gli effetti benefici delle dimissioni e il supporto del Leone di Trieste, i risultati della banca (465 milioni di utili su un giro d’affari da 1,82 miliardi, +12%) sono stati inferiori alle attese degli esperti per via di una nuova pulizia di bilancio: Piazzetta Cuccia ha infatti effettuato rettifiche su crediti per 736 milioni (dei quali 250 milioni una tantum) dopo quelle per 506,5 milioni realizzate nel 2012-13. Questa operazione “porta l’indice di copertura dei crediti deteriorati dal 45% al 50%, ben al di sopra della media del sistema Italia (44%)”, ha spiegato Nagel esprimendo soddisfazione per la maggiore solidità dell’istituto che in futuro punterà soprattutto sulla banca retail Che Banca! nonostante sia ancora in perdita (-25,1 milioni il risultato dell’anno fiscale, contro il rosso di 27,8 dell’anno prima) nonostante lo sbarco in nuovi segmenti come il risparmio gestito e sul credito al consumo di Compass, alleata di Mps nella distribuzione di nuovi prodotti, che ha però chiuso l’esercizio con un utile di 48,4 milioni in deciso calo rispetto ai 72,3 milioni dell’anno prima “per le maggiori rettifiche su crediti (+32,9%), parzialmente compensate dal minor carico fiscale connesso alla sopravvenuta deducibilità IRAP delle svalutazioni crediti”. Intanto, dopo aver alleggerito di poco più di due miliardi anche il portafoglio di titoli di Stato italiani, Mediobanca ha fatto sapere che non disdegnerà i nuovi aiuti in arrivo dalla Bce con la richiesta di poco meno di un miliardo. 

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