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Società partecipate: la parte onesta del Paese

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Ora tutti scoprono le partecipate. E giù dossier, denunce, interrogazioni parlamentari. Si mandano troupe televisive a raccogliere scoop agli angoli di strada. Si cercano raccomandati, opere inutili, sprechi e clientele.

Pare il sequel de La casta, un tiro al piccione che nulla distingue e non sa, non ammette eccezioni. Il messaggio che passa è chiaro, cristallino: tutto ciò che è pubblico fa schifo, quello che i politici toccano si trasforma in sacche maleodoranti di privilegi e clientele. E inefficienze, che se ci fosse il mercato di mezzo altro che servizi deludenti.

Non spetta a noi negare un pezzo di evidenza. Perché la politica e le istituzioni sono anche questo. Ci sono una montagna di partecipate e di enti da abolire, chiudere, sopprimere. E mi verrebbe da chiedere a certa stampa e opinion leader dove fossero quando certi balordi ingrassavano alle spalle dell’opinione pubblica. Ciò che mi preme, lo faccio da dieci anni, è raccontare invece l’altra parte di verità, l’altro pezzo di evidenza.

Quello che non se lo fila mai nessuno, che non fa audience, e non fa vendere libri. Le storie positive, la regola che conferma l’eccezione. Che in questo caso vuol dire le centinaia di esperienze locali concrete e di successo. Le tantissime partecipate nate non per far accomodare un deputato a fine carriera su una qualche comoda poltrona di un Cda, ma per rispondere alle esigenze dei cittadini. Avendo uno strumento libero dai lacci e lacciuoli di una burocrazia centrale che mentre con la bocca predicava federalismo e autonomia, con le mani smontava proprio quei presidi locali di democrazia: i comuni.

Partecipate controllate al 100% dal socio unico comunale che gestiscono e controllano gran parte dei servizi pubblici nei territori. Con buon senso e ottimi risultati. Che fanno risparmiare quattrini alle comunità locali e che investono nel futuro.

Avremo mai il piacere di leggere un dossier al contrario in questo Paese degli scandali infiniti, veri o presunti che siano? Potremo mai godere di un editoriale di una delle tante firme autorevoli del giornalismo italiano che, folgorato sulla via delle buone notizie, scegliesse la parte onesta invece di cedere al lato oscuro della forza…?!?

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