Quando un premier promette tasse più basse, c’è una buona probabilità che quella riduzione non arrivi. Ma quando un premier “non garantisce” sgravi fiscali e spiega che “ci proverà”, è invece sicuro che quei soldi non arriveranno mai. Ma il fatto che ieri Renzi si sia rimangiato le promesse fatte sulle detrazioni Irpef per le partite Iva (oltre che per incapienti e pensionati) – “ho preso un impegno” , aveva detto a maggioè un fatto grave.

Per tre motivi: 

1) Inizia, dopo pochi mesi di governi e di mirabolanti annunci, la fase del “non possiamo più garantire”. Vista la mancata crescita e la stagnazione, dovremo aspettarci altre dichiarazioni in tal senso. La domanda è: non si poteva prevedere che i soldi non ci sarebbero stati? Stiamo parlando di due mesi, non di due anni fa. Ma non c’erano le elezioni europee in arrivo. Se già la politica dei miracoli in arrivo è già difficilmente digeribile, ancora meno digeribili sono le dichiarazioni che si rimangiano i miracoli. 

2) Che Renzi non consideri importante allargare gli sgravi anche alle Partite Iva segnala quanto miope e vecchia sia la sua conoscenza del mondo del lavoro. Che in questi ultimi anni ha visto la maggioranza dei giovani passare dal lavoro dipendente ai contratti a progetto e poi dai contratti a progetto al lavoro autonomo. Come ha dichiarato la presidente dell’associazione che riunisce le Partite Iva che lavorano nel settore del terziario avanzato Anna Soru, dimenticare questo settore fatto di professionisti e imprenditori spesso ad alto tasso di innovazione e competenza significa ignorare una parte del paese che produce ricchezza. Se l’obiettivo che si voleva ottenere era un aumento del Pil, sarebbe stato meglio farsi qualche domanda prima.  Continuare a considerarli lavoratori di serie B, magari evasori fiscali, dimostra una mentalità medioevale, anzi – peggio – primitiva. 

3) Visto che Renzi ha parlato, quando si è riferito all’estensione della platea di beneficiari degli sgravi, di una questione di giustizia sociale, se ne deduce che questa retromarcia è un’operazione di (grave) ingiustizia sociale. Infatti allarga ancora di più la distanza tra chi ha un lavoro tutelato e chi paga tasse alte, contributi altissimi – spesso tali da mangiarsi tutti i guadagni – per non avere in cambio nessun servizio, nessuna tutela né una pensione dignitosa.

Utile ricordare qui, nuovamente, la storia di Daniela, per raccontare la situazione drammatica in cui vivono i lavoratori autonomi quando, ad esempio, si ammalano. Non sarebbe stato più equo, allora, alternare gli sgravi, un anno per dipendenti, l’anno dopo per gli autonomi? A quanto pare no: meglio tenersi stretto il bacino elettorale dei lavoratori dipendenti (il solito del Pd, con l’aggiunta dei parasubordinati, unico concessione alla modernità), visto il successo alle europee. Sempre che la situazione economica non si aggravi e tra qualche mese anche questi ultimi tornino a chiedersi se davvero questo governo ci stia traghettando fuori dalla crisi.  

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