Anche questo è un pezzo politicamente scorretto, perché dice cose che nessuno o quasi vuol dire, ma che molti pensano. Dunque, sono arrivate le conclusioni della commissione d’inchiesta regionale sull’alluvione della bassa modenese del gennaio 2014. Secondo la relazione, “….la presenza di un sistema articolato di tane sia stata determinante ai fini del collasso arginale…”. Dunque, tutta colpa delle nutrie veramente? Assolutamente no, a nostro avviso. Se veramente, e non abbiamo motivi per dubitarlo, è stato un “articolato sistema di tane” a determinare il crollo dell’argine, le responsabilità umane non sono assolte, ma accentuate. Tralasciando la componente meteorologica e dei cambiamenti climatici (come già avevamo detto a gennaio in montagna dovrebbe nevicare e se fosse avvenuto l’acqua non sarebbe scesa a valle), vanno dette, o ribadite, diverse cose.

Anzitutto, la stessa relazione non parla di “colpa” ma di causa. E se la causa del collasso arginale sono le tane, le responsabilità non sono certo degli animali, tanto più che, nella relazione completa ci sono fotografie eloquenti (vedi pag.40-45 della relazione completa), le tane stavano lì da diversi anni. Perché chi di dovere non è intervenuto? Insomma non sono le nutrie (peraltro non sembrano tane di nutrie, ma di altri animali) a dover rimborsare e rispondere dei danni. Il crollo dell’argine è avvenuto di notte, ma probabilmente, e nella relazione si legge, il processo è stato graduale.

Era stato attivato, e a chi competeva, il servizio di piena? C’era qualcuno, come si faceva un tempo auto organizzandosi, a vigilare gli argini? Se tutto questo c’era (sembra proprio di no), analogamente a una situazione che stava avvenendo in Panaro il giorno stesso dell’alluvione (vedi sempre la relazione, a pag.43), forse il disastro si sarebbe evitato o i danni sarebbero stati inferiori.

Poi, la gestione della fauna: non si dia, per favore, la colpa agli ambientalisti. La biodiversità è fuori equilibrio; nutrie e anche istrici non sono autoctoni, in parte vengono, nutrie, da usi economici come le pellicce, in parte si spostano più a nord anche proprio a causa dei cambiamenti climatici. Certo dobbiamo provare a porre rimedio anche a questo, ma non è semplice come si pensa. Quindi la manutenzione preventiva: par di capire dunque che queste tane erano lì da tempo. Nessuno ha controllato? Colpa della tanto accusata Aipo? Può darsi, certo ha dirigenti strapagati ma è anche vero che negli organi dirigenti ci sono assessori regionali, anche emiliani. Quindi la regione che attacca Aipo è un po’ la croce rossa che spara a se stessa. Ancora sulla manutenzione, c’è chi dice che queste cose accadono anche perché non si lascia raccogliere legna nel fiume. Ma, diciamolo sinceramente, chi andrebbe dentro al fiume, fra fango e acqua, a spaccare legna? Più comodo, aprire un rubinetto da dove magicamente esce gas, almeno finché Putin non lo chiude. O, la legna, comprarla, magari importata da lontano.

Poi… altro ancora ci sarebbe, ma veniamo al presente: si sta intervenendo sul fiume? Pare di sì, vari interventi (in ritardo) sono messi in cantiere, ma basta aggirarsi sul fiume per vedere montagne di legna, alberi e rifiuti vari nell’alveo o in prossimità di manufatti; altra legna raccolta durante qualche lavoro, giace da tempo in zona Cittanova. Finiranno in tempo gli eventuali lavori, prima delle piogge autunnali? E se malauguratamente, ma non impossibile, capitassero eventi estremi fuori stagione o in anticipo?

Poi, vogliamo dirlo? È stato saggio costruire vicino al fiume centri commerciali e uno scalo merci a Cittanova di Modena e un interporto doganale Campogalliano? E’ stato saggio fare, non lontano dal fiume, un tratto della nuova e ancora inutilizzata variante della tratta di ferrovia storica interrato? E ancora, se errare è umano, che dire di Campogalliano che nel Psc prevede nuovi insediamenti in zona esondabile e per giunta depressa? Chi eventualmente ci metterà aziende ne sarà reso consapevole o poi si griderà all’evento eccezionale? Ecco, tutto questo è esattamente il contrario di ciò che andrebbe fatto per la difesa del suolo e l’adattamento ai cambiamenti climatici, ma lasciamo ai lettori (e soprattutto ai posteri) l’ardua sentenza.

 

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