Doveva essere il passo in avanti per facilitare i pagamenti e far emergere anche parte dell’economia in grigio e in nero del Paese. E, invece, così com’è, il Pos obbligatorio per professionisti, artigiani e esercenti rischia di essere un’occasione mancata. Poco più di un regalo alle banche che propongono i servizi di “moneta elettronica” in una giungla di offerte fra le più care d’Europa. Per giunta difficilmente comparabili. Senza un grosso e cospicuo vantaggio per le casse pubbliche cui farebbe decisamente comodo recuperare almeno una parte dell’evasione fiscale record che, come ricorda il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, ammonta a 50 miliardi (dato 2011) sui soli introiti Iva e Irap.

La legge, che ha introdotto il Pos obbligatorio per esercenti, liberi professionisti ed artigiani, non prevede infatti delle vere e proprie sanzioni, ma solo la possibilità per il cliente di rifiutare il pagamento in contanti. Fermo restando l’obbligo del pagamento, la norma non prevede alcuna forma di “incentivo fiscale” che potrebbe spingere all’emersione di un’importante fetta dell’economia italiana che oggi sfugge al fisco. “Esiste una correlazione diretta fra la diffusione di moneta elettronica e la riduzione dell’economia sommersa, spiega Stefano Da Empoli, presidente di I­Com, Istituto romano per la competitività . Ma la sola obbligatorietà nella detenzione del Pos non è sufficiente a far scattare i meccanismi di emersione. Serve uno sforzo ulteriore sul fronte degli incentivi fiscali”.

Così come è strutturata la legge “mi sembra un bel discorso teorico, ma in pratica chi ottempera, ha dei costi, e chi non ottempera, non ha sanzioni. Il che pone anche un problema di concorrenza sleale. Per non parlare del fatto che stiamo parlando solo di una piccola fetta di economia sommersa” conclude Da Empoli. Il caso delle farmacie e la detraibilità dei farmaci è un esempio emblematico per spiegare come invece le cose possano funzionare diversamente inaugurando un percorso virtuoso a vantaggio della collettività. “Oggi tutti i cittadini chiedono gli scontrini al farmacista perchè sanno che potranno avere una detrazione” spiega Antonio Longo, presidente del Movimento difesa del cittadino e della Italian e­payment coalition (Iepc), associazione che riunisce Movimento Difesa del Cittadino, Cittadinanzattiva onlus, Confconsumatori e Assoutenti. “Se il governo trovasse delle formule per cui un esercente o un cittadino che raggiunge un dato livello di transazioni tracciate elettronicamente ha diritto ad una detrazione fiscale, allora sono certo che si assisterebbe ad un fenomeno progressivo di emersione che porterebbe ad un allargamento della base imponibile e ad una conseguente maggiore equità fiscale“.

Il Pos obbligatorio è insomma “un passo importante” di un percorso ben più complesso in cui sarebbe bene “desse il buon esempio la Pubblica amministrazione che -­ come ricorda Longo ­- accetta in buona parte solo pagamenti in contanti”. Ma non può pesare solo su chi produce ricchezza con “una bastosta” che secondo la Confesercenti “ammonta a 5 miliardi l’anno fra costi di esercizio e commissioni”. Ecco perché la Iepc propone ad artigiani, professionisti ed esercenti di ingaggiare assieme una battaglia per ottenere dalle banche la gratuità dei terminali e una maggiore trasparenza sui costi di gestione del Pos che per Longo “è fra i più cari d’Europa, come del resto lo sono tutti i servizi bancari del Paese”. Proprio per discutere di questi aspetti, il governo ha convocato rappresentanti delle banche “per fare il punto sull’entità dei costi e delle commissioni sulle transazioni che commercianti, artigiani e professionisti devono sostenere per l’utilizzo dei Pos”. I costi legati all’installazione e all’utilizzo saranno al centro della riunione del 16 luglio con il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e rappresentanti del ministero dell’Economia, di Bankitalia e il consorzio Bancomat.

L’introduzione dei Pos obbligatori, in effetti, ha fatto immediatamente scattare polemiche sulle tariffe dei terminali, sulle commissioni e sulla complessità di selezionare la migliore proposta commerciale per via delle soluzioni assai diverse offerte dalle banche. Per avere un’idea della situazione, basta dare uno sguardo alle proposte online sui siti dei più importanti istituti di credito italiani: si va dagli 11,42 euro al mese di Unicredit collegato al conto Imprendo per un pos standard (quello cordless però costa 28,53 euro) alla più complessa tariffazione di Intesa (da un minimo di 9,99 euro fino a un massimo di 36 euro euro per canone stagionale). Come differenze legate ad esempio anche al solo fatto che il pos si appoggi su una linea telefonica analogica (canone flat 21,90) o digitale (31,90). Ci sono poi pacchetti tutto incluso con il conto come nel caso Mps (canone 25 euro) o offerte “con installazione gratuita” come per Poste Italiane che prevede un canone da 15 euro al mese. Senza contare le commissioni che vanno dal 2,5 al 4% a seconda degli istituti di credito.

Una vera giungla di offerte che preoccupa anche Bruxelles. Lo testimonia il fatto che, sulla questione, nell’aprile scorso, è intervenuto anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB). Il principale organismo di definizione degli standard internazionali per la regolamentazione prudenziale del settore bancario, ha suggerito a governi e supervisori, Bankitalia in primis, di “implementare la disclosure” (cioè migliorare le informazioni) e di “facilitare la comparazione di prodotti concorrenti” con adeguata documentazione. Suggerimenti che in un futuro porteranno di certo un beneficio per Stato e cittadini. Ma di sicuro non per gli utili delle banche.


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