Toh, in cima al plotone si rivede il cinese Cheng Ji detto l’Ammazzafughe: succede quando mancano cento chilometri all’arrivo, più o meno verso le tre del pomeriggio (ora britannica). L’anno scorso venne al Giro, primo cinese della storia. Ci rimase per cinque tappe. Corre per la Shimano-Giant di Marcel Kittel, il tedescone imbattibile delle volate. Deve essere soddisfatto per l’oscuro lavoro che ha svolto durante questa terza tappa, da Cambridge alla capitale inglese. Infatti, a Londra, davanti a Buckingham Palace, il suo capitano liquida agevolmente il rivale e coetaneo slovacco Peter Sagan, anzi, a dire il vero, non c’è gara tra i due: il ventiseienne Kittel ha vinto facile facile. Due tappe quest’anno, quattro l’anno scorso, ed è già a quota sei: un bottino considerevole, destinato presumibilmente ad aumentare, se Kittel resterà in corsa. Già domani, c’è pane per i suoi denti da Le Touquet-Paris Plage a Villeneuve d’Ascq.
Oggi come oggi Kittel è probabilmente il più forte sprinter in circolazione, più di Mark Cavendish che è caduto durante la volata della prima tappa (sarà operato alla spalle e dovrà restare a riposo sino a metà agosto). Parere peraltro sportivamente condiviso da Sagan: “Sì, credo proprio che Marcel sia il corridore più veloce”. Una constatazione che ha l’aria d’essere una resa. Può essere sconfitto solo se i suoi compagni si distraggono o se resta “chiuso” prima dei duecento metri finali. E’ possibile che le altre squadre dei velocisti si alleino per limitare lo strapotere di Kittel.
E pensare che è un marcantonio alto e grosso, prende aria anche quando sta a ruota dei compagni…I quali sono molto abili nell’imporre ritmi elevatissimi in fin di tappa, un ‘treno’ rapidissimo che ha la funzione di scremare il mucchio selvaggio delle volate. Di solito Marcel predilige il centro della carreggiata, il suo è un’accelerata progressiva, arriva ad oltre settanta all’ora. Spinge con forza immane issandosi sui pedali, ha nelle cosce una potenza mostruosa. Nella volata di oggi Sagan è rimasto a malapena a ruota, senza riuscire mai ad affiancarlo. Il distacco è di una bici. Il resto della compagnia, sfila sulla riga del traguardo ancor più staccata. Sesto, sfreccia un figlio d’arte, l’olandese Danny Van Poppel, il più giovane concorrente del Tour, compirà ventun anni il 26 luglio. Suo padre Jean-Paul era un signor velocista: vinse nove tappe al Tour (quattro in quello del 1988), quattro al Giro e quattro alla Vuelta. Nell’87 conquistò la classifica a punti del Tour. Si ritirò dalle corse nel 1995.
Quanto alla maglia gialla Vincenzo Nibali, si è mantenuto sempre nelle posizioni di testa del gruppo. Chris Froome è stato più tranquillo, rispetto ai giorni scorsi, mentre Alberto Contador ha pedalato spesso in scia alla squadra di Vincenzo. L’Astana, infatti, ha dettato i tempi, ha controllato la corsa e ha lavorato assieme alla Lotto e alla Shimano nel condurre l’inseguimento ai fuggitivi. Stavolta, solo due: il ceco Jan Barda, ottimo cronoman, e il francese Jean-Marc Bideau che si pronuncia “bidò”: i maliziosi hanno subito battezzato la sua “echappade belle” fuga bidone…I due sono scattati appena la bandierina dello starter si è abbassata, è dall’inizio di questo Tour che succede. Barda si è arreso a sei chilometri dall’arrivo, dopo 149 chilometri. Ha meritato il premio della combattività. E i quattrini dello sponsor, per il lungo “passaggio” in tv.
Per chi ama il ciclismo vintage, ricordo che il primo italiano a guadagnare la testa della classifica di un Tour de France fu il piemontese Vincenzo Borgarello, ottimo velocista, nato nel 1884 e scomparso nel 1960. Era assai popolare: fece sue quattro tappe al Giro d’Italia e due alla Grande Boucle del 1912 (l’ottava tappa Marsiglia-Perpignano e la quattordicesima, da Cherbourg a Le Havre). Ma non quella in cui si trovò ad essere il leader: era il 2 luglio del 1912, alla fine della seconda tappa, una spossante Dunkerque-Lowry di 388 chilometri. Centodue anni fa.