La notizia arriva alla vigilia del 34mo anniversario della strage di Ustica, il Dc9 dell’Itavia che, il 27 giugno 1980, fu abbattuto nei cieli sopra l’isola di Ustica dopo essere decollato dall’aeroporto di Bologna alla volta di Palermo. Sì, perché dopo tutti gli anni trascorsi e nello scetticismo diffuso, la procura di Roma ha raccolto la sfida della Francia, che ha ottemperato alla rogatoria partita da piazzale Clodio ed è riuscita a rintracciare 14 ex militari dell’Armée de l’air che quella sera di 34 anni fa erano in servizio alla base di Solenzara, in Corsica, i cui caccia, è stata l’ammissione, volarono ben oltre le dichiarate cinque del pomeriggio. Eppure era la base che a lungo si disse “chiusa”, non più operativa dalla metà di quel pomeriggio. Ma ci fu chi smentì la versione ufficiale dei francesi: il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo che, caso volle, fosse in vacanza a poca distanza, quell’estate. E che, nel corso del tempo, lo disse e lo ribadì: la sera del 27 giugno 1980 aerei francesi erano decollati e atterrati da quella base corsa tanto che, al tempo, del tutto ignaro di ciò che era appena successo più a sud, non poté prendere sonno a causa del traffico aereo.
Così, dopo tante smentite da parte dell’Eliseo e dopo lo scetticismo di chi pensava di poter rintracciare anche solo uno dei militari, ecco che arrivano le prime notizie di ciò che è accaduto di fronte ai titolari dell’indagine, il procuratore aggiunto della Repubblica di Roma Maria Monteleone e il sostituto Erminio Amelio. La notizia, data prima dal quotidiano L’Unità, al momento non contiene molti altri dettagli, visto il riserbo dell’autorità giudiziaria sui contenuti delle dichiarazioni rese dagli avieri in servizio in Corsica. Ma nel giro di un periodo relativamente breve, forse qualche mese, ulteriori particolari potrebbero aggiungersi in merito a ciò che accadde nei cieli del Mediterraneo dove – si sa, questo è certo, lo hanno ribadito ormai diverse sentenze della giustizia civile – si combatté una guerra non dichiarata.
Gli ulteriori dettagli sono attesi dal contenuto di altre dichiarazioni, quelle di altri comparti della Difesa d’Oltralpe, che i magistrati italiani potranno sentire per la seconda volta. E sarà importante perché, oltre alle parole degli avieri di Solenzara, si potranno aggiungere i documenti che potrebbero fornire una retrospettiva dei movimenti navali effettuati quel giorno. Da questo punto di vista, già alcune indiscrezioni si erano diffuse a partire dallo scorso anno. Da un lato, infatti, la Nato ha fornito nuovi particolari, dopo che nella seconda metà degli anni Novanta, per intervento dell’allora governo Prodi, era stato possibile visionare attraverso i tracciati radar lasciati da una dozzina di velivoli che quella sera incrociavano le rotte nel basso Mediterraneo. Ma ai tempi non era stata fornita la nazionalità dei mezzi in volo a ridosso dell’orario in cui il missile partì colpendo l’aereo civile su cui viaggiavano le 81 vittime della sciagura di Ustica.
Ciò che al momento si sa con un elevato grado di attendibilità, è che quella sera, poco prima del disastro, ci sarebbe stata la traccia di uno o forse due Mig libici. Una caccia a cui avrebbe partecipato, all’altezza dell’isola d’Elba, un aereo americano Awacs, come registrato a terra dai centri radaristici attivi quella sera. Il tutto, nonostante il ritardo di questi anni, con buona pace di chi nel corso del tempo ha affermato che tracciati non ce ne fossero e che le torri di controllo non avessero rilevato alcun movimento anomalo né a terra né in mare, forse per poco credibili disattivazioni dei sistemi di rilevamento. Invece, dati alla mano, la realtà starebbe in altro modo. Del resto in questo mosaico di testimonianze non ci sono solo quelle francesi. C’è per esempio quella di un paio di piloti italiani, Giovanni Bergamini e Alberto Moretti, che rientrarono alla base prima della sciagura.
Ma le loro parole potrebbero incastrarsi con quelle di due colleghi che oggi non possono più parlare. Sono Ivo Nutarelli e Mario Naldini, entrambi deceduti – con il capitano Giorgio Alessio – il 28 agosto 1988, nella strage passata agli annali come la sciagura di Ramstein. Quella cioè che avrebbe dovuto essere un’esibizione delle Frecce Tricolori nei cieli tedeschi durante l’Airshow Flugtag e che finì, dopo uno scontro in volo, con 67 vittime e 346 feriti. Lo scorso anno, alla vigilia del 33imo anniversario, avevano preso la parola i familiari di quest’altra sciagura. E lo avevano fatto per dire, nelle dichiarazioni di Giancarlo Nutarelli, fratello del colonnello Ivo, che volevano “solo la verità”. Ivo Nuratelli, infatti, era stato chiamato dai magistrati che volevano una spiegazione a proposito di quel segnale d’allarme lanciato a ridosso dell’orario della strage di Ustica, prima di rientrare a sua volta alla base di Grosseto. Una risposta che i piloti non avrebbero più potuto dare, dopo la strage di Ramstein, ma che oggi potrebbe arrivare dall’incrocio di altre testimonianze.