“Lui è un vecchio comunista, io un vecchio democristiano. Quindi sappiamo come si parla… tra noi, no?”. Il “vecchio democristiano” è Gianstefano Frigerio, (ri) arrestato per l’indagine Expo. Il “vecchio comunista” è Claudio Levorato, grande capo della cooperativa rossa Manutencoop. Dopo gli arresti dei sette uomini d’oro degli appalti, è difficile negare i fatti e sostenere che non è successo niente. È sotto gli occhi di tutti la girandola di manovre, pressioni, spinte, promesse, corruzioni, gare truccate. La linea di difesa del sistema, allora, si attesta su un’altra trincea: “Prendevano soldi per sé, non per i partiti. Sono vecchi faccendieri che lavorano in proprio e spesso millantano rapporti che non hanno”.

Frigerio aveva anche una sua curiosa filosofia: “È colpa dei magistrati”, pontifica in un’intercettazione, “perché è vero che ci poteva essere corruzione, ma non puoi trasformare per un po’ di corruzione… non puoi distruggere tutto. Questo è il punto del problema, cioè la legalità: non è un valore, è una condizione, e quindi se tu la tratti come l’unico valore che un Paese ha, scassi tutto… L’illegalità c’è in tutto il mondo, bisogna trattarla con… normalità. Ogni volta una crociata: così si distruggono le nostre aziende all’estero”. Dal punto di vista giudiziario, ci penseranno i magistrati a distinguere tra millanterie e verità, tra rapporti esibiti e contatti reali. Ma dal punto di vista giornalistico e politico è già abbastanza chiara la relazione tra i “mediatori” e la politica. Altrimenti, perché mai gli imprenditori e gli uomini dei partiti avrebbero dovuto dar retta a personaggi come Gianstefano Frigerio e Primo Greganti? Perché mai buttare soldi e tempo per degli inutili mediatori? Sono solo vecchi arnesi della vecchia Tangentopoli? No.

Essi sono importanti e ascoltati proprio in quanto hanno dimostrato le loro “capacità” nel sistema della Prima Repubblica. Hanno il know-how giusto per intervenire oggi. Sono quelli che possono mettere in contatto politici, manager e imprese, per chiudere il cerchio delle gare e degli appalti. E sono quelli che possono convincere i partiti, per esempio, a mettere nei posti giusti i loro amici manager “disponibili”, che poi possono truccare le gare. Niente a che fare con i partiti, dunque? Certo, oggi non c’è più il “cassiere centrale” di partito che regolava il flusso delle tangenti, vigilava sulla spartizione degli appalti e incassava il finanziamento per “i costi della politica”. In Tangentopoli, i partiti almeno ci mettevano la faccia e coinvolgevano i loro cassieri ufficiali. Oggi si nascondono ipocritamente dietro personaggi che, quando sono colti con le mani nel sacco, possono scaricare definendoli “impresentabili”, “squalificati”.

I partiti della “nuova politica” si affidano a personaggi che non sono “pirati” (che “lavorano in proprio” e attaccano ogni nave che passa per depredarla), ma “corsari”, che fanno la guerra in mare per conto del re d’Inghilterra, sotto la bandiera del teschio con le ossa incrociate, ma con la prospettiva di essere infine nominati baronetti della Corona. Frigerio e i suoi hanno rapporti con partiti, manager e imprenditori, sul lato “destro”. Greganti copre il lato “sinistro” e porta nel sistema le grandi coop rosse. Se non ci fosse la necessità di un tacito e “alto”ok politico, perché mai curare gli “equilibri” destra-sinistra? Ormai, almeno dal 2005 dei “furbetti del quartierino”, i sistemi che sono emersi dalle indagini sono tutti (sistema Sesto compreso) delle piccole o grandi bicamerali degli affari, con contropartite destra-sinistra. Più difficile, oggi, risalire ai piani alti della politica. Eppure, se a quei piani fosse stata fatta davvero pulizia, nessuno darebbe più retta ai Frigerio e ai Greganti.

Il Fatto Quotidiano, 15 maggio 2014

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