“E’ una imitatrice straordinaria, ho riso vedendola…”, così la ministra Boschi ha liquidato tutte le polemiche relative alla imitazione interpretata dalla attrice Virginia Raffaele durante l’ultima puntata di Ballarò. Non tutti sembrano pensarla come Lei che pure avrebbe avuto, eventualmente, tutto il diritto di esprimere il suo risentimento o il suo fastidio; così da più parti si è tuonato contro la volgarità ed il linguaggio sessista che sarebbe stato adoperato dall’attrice.
Qualcuno ha persino sollecitato l’ intervento della presidente della Rai Tarantola.
Proprio perché non abbiamo mai sopportato le volgarità, il sessismo, l’uso del disprezzo per colpire l’avversario di turno, dobbiamo tuttavia sottolineare i rischi derivanti da eventuali “codici” della satira, che non possono e non debbono esistere. Eleganza, stile, ironia non possono discendere da codici e norme di comportamento, ma solo e soltanto dalla libera scelta degli autori e degli interpreti, qualsiasi altra strada sarebbe rovinosa per la libertà di espressione, anche perché già esistono gli strumenti di legge per eventuali denunce.
Meglio una cattiva imitazione di una imitazione censurata.
Ben venga una libera discussione sui linguaggi e sul ruolo della Rai, ma guai se questa discussione dovesse assumere la forma di una perniciosa “via disciplinare alla satira e alla informazione”.
Nel passato non sono mancati strali ed editti contro questo o quel comico, questo o quel giornalista. Non ci piacevano allora, non ci piacciono oggi, a prescindere dal colore dei governi e delle maggioranze in carica.
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