Anche “la festa della donna” è entrata di prepotenza nell’orgia di confusione, ipocrisia, strumentalizzazione politica contro chi non è della partita.

E ovviamente l’interventismo ad orologeria di Giorgio Napolitano non poteva mancare.  

Il presidente della Repubblica che, come ha riferito in modo circostanziato al Fatto quotidiano il giurista Roberto D’Alimonte, non sospettabile di tendenze “antipolitiche” né tantomeno “antisistema”, si è già attivamente immischiato sul modello di legge elettorale al tempo delle proposte di Renzi, ha pensato bene di strumentalizzare l’8 marzo per tacciare di sessismo il M5S,  attribuendo a Grillo la responsabilità di tutto quello che circola sul webE ovviamente attribuendo in modo fazioso ed unilaterale  la responsabilità  del conflitto permanenente tra i pentastellati e  la presidente della Camera che li aveva accusati esplicitamente di comportamenti eversivi ed in queste ore ha garantito che la Camera procederà spedita sulla legge elettorale in quanto lo Stato deve avversare ogni ” minaccia di populismo”.

L’ha fatto mentre la giornata è stata funestata da nuovi episodi di violenza sulle donne e mentre in modo paradossale tutto il dibattito che dovrebbe coinvolgere il Paese alla vigilia dell’approvazione dell’ Italicum alla Camera, una trovata quasi più miserevole del Porcellum, è stato monopolizzato dalle cosiddette “quota rosa”.

Quanto sia male rappresentata e in funzione di diversivo dall’operazione “Italicum blindato e monocamerale”  la questione della parità di genere,  l’hanno evidenziato in controtendenza, e non era difficile, fuori dal coro trasversale dell’ appello dei 90 parlamentari, persino Giorgia Meloni e Daniela Santanchè.

Qualsiasi persona di medio buonsenso comprende che finché gli eletti e le elette sono nominati e nominate “dal capo” come avviene con l’Italicum, che ha il pregio rispetto al Porcellum di farci sapere in modo più attendibile i nomi dei prescelti e delle prescelte sicuri/e, non si vede quale sia il salto democratico. Così come l’imposizione di un’alternanza di genere per i capilista può tradursi solo nel non riconoscimento del maggior merito e/o della migliore possibilità di attrazione per la lista stessa.

Ma spostare con il valido aiuto di un’informazione ridotta a ripetitore e divulgatore della buona novella renziana, tutta l’attenzione  sul genere secondo la tabella di marcia scandita dal duo Napolitano-Boldrini serve ad occultare la prossima approvazione di un pastrocchio con probabili elementi di incostituzionalità, indispensabile per blindare la doppia alleanza di Renzi con Berlusconi e Alfano.

Quanto la nuova legge elettorale non sia finalizzata a realizzare le esigenze della rappresentanza democratica e del processo decisionale l’ha evidenziato con chiarezza Gustavo Zagrebelsky, anche lui non certamente accusabile di “antipolitica”.

 E l’attivismo ipercinetico di Giorgio Napolitano che lo porta di fatto a schierarsi e a rivestire un ruolo politico in senso stretto, inconciliabile con il ruolo di parte super partes e di garante della Costituzione, l’ha ascritto “alla paura del nuovo” che si traduce, in termini più diretti, in salvaguardia dei privilegi, degli abusi e dell’opacità di cui l’ultimo governo senza elezioni sembra più che mai portatore. 

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