Da qualche anno a questa parte l’università e la scuola sono al centro di processi valutativi che hanno suscitato molte critiche per come sono stati sviluppati. Non c’è dubbio che in un sistema con risorse finite, come qualsiasi sistema universitario, è necessario valutare per tre scopi differenti: assumere, promuovere e ripartire le risorse. In Italia un nuovo sistema per assumere docenti universitari e promuovere quelli già in servizio è stato recentemente introdotto come “sotto-prodotto” della riforma Gelmini: vediamo con che risultati.  

Supponiamo che ci sia una posizione di professore e si presentino come candidati l’ultimo premio Nobel per la fisica, Peter Higgs, e, per fare un esempio esplicativo e simbolico, il rettore della più grande università italiana, il prof. Luigi Frati. In un sistema di valutazione ideale si preferirebbe assumere un grande scienziato premiato con il Nobel piuttosto che qualcuno che ha dedicato, con successo o meno, la propria attività a dirigere un ateneo con 200.000 studenti per quasi un decennio. Anzi molto spesso si sente dire il sistema italiano è stato cambiato dalla recente riforma Gelmini proprio per contrastare il “potere dei baroni”. E, con tutto il rispetto e la simpatia per il prof. Frati, non è il rettore del primo ateneo italiano il prototipo nazionale di “barone”? Il risultato del sistema che è stato implementato in conseguenza della legge Gelmini è dunque paradossale: il famoso premio Nobel Higgs non verrebbe preso né come membro di  una commissione di selezione e né passerebbe la soglia per essere considerato come candidato al primo livello di professore, mentre il prof. Frati, dall’alto dei suoi strabilianti numeri di articoli e di citazioni, passa tranquillamente entrambe le selezioni. Ma la riforma Gelmini non doveva essere contro i “baroni” e a favore della meritocrazia come ci hanno tante volte raccontato?

In realtà questa situazione paradossale è avvenuta perché in Italia c’è un grave ritardo nella cultura della valutazione, al punto da usare metodi banditi a livello internazionale . Questa situazione ha permesso di far passare il bianco per nero e viceversa. Ma solo a chi non s’informa su quanto accade nel mondo scientifico internazionale sfugge la natura abnorme delle regole escogitate dalla nostra agenzia di valutazione, i cui supporters assomigliano sempre più agli ultimi giapponesi nella jungla che credono che la valutazione della qualità di un ricercatore fatta contando solo il numero di articoli e di citazioni da questi ricevuti, possa ancora affermarsi a livello mondiale. Qualcuno dica loro che Okinawa è caduta in mano agli americani.

Articolo Precedente

L’Italia di Cazzullo e l’Italia di un maestro

next
Articolo Successivo

Quando gli immigrati eravamo noi. Marcinelle raccontata in una scuola

next