“Bisogna tornare alla politica, con la P maiuscola”. “La rivoluzione parte dalla rete. – Sì, la rete fognaria”. “Cambierei sesso prima di venire a letto con te”. “Magari sei anche il nipote di Mubarak”. Ok, fin qui è difficile capire di che parliamo: un aiutino? “L’unica cosa veramente nostra al giorno d’oggi è l’amore”. Ebbene sì, Federico Moccia è tornato, addirittura ex cathedra: Universitari, dal 26 settembre in sala con gli assortiti fuorisede di Villa Gioconda.
Gioie, dolori e amori, questi studenti condividono tutto, fuorché i libri: non se ne vede uno in tutto il film, che sia la riforma universitaria? Boh, ma Moccia preferisce mettere nel mirino le contestazioni, a partire da quelle subite sul set alla Sapienza: “Hanno alzato gli striscioni contro di noi, ma eravamo lì per lavorare: una contestazione fuori luogo, vorrei che questi giovani avessero obiettivi più lontani, ma oggi lo sguardo è appannato”. Ammesso e non concesso, questo film non li aiuta a fare chiarezza.
Il personaggio dell’iraniano fuorisede, Faraz (lo interpreta il manzo francese Brice Martinet), è esemplare: famiglia nobile cassata dalla Rivoluzione, studia ingegneria nucleare alla Sapienza, ha una borsa di 50mila dollari che lo attende a Teheran e vagheggia un dottorato in America, roba da far impallidire il Dr. Stranamore e stroncare il verosimile. Ma lo studio del carattere non finisce qui: “Sono promesso sposo a una bambina di 9 anni”, “Penso sarebbe bello mostrare il loro cervello” (le donne della pubblicità), “Tacchi e gonna corta: 10 frustate in Iran” e, con lirismo geopolitico, “L’Iran è come la donna che ami e ti ha tradito: non riesci a dimenticarla e soffri”.
Povero Faraz, non gliene va bene una: viene pure arrestato per possesso di marijuana, ma un’altra fuorisede, “calabrese internazionale” (copyright Moccia), chiama il papà diplomatico e tutto viene messo a posto, pardon, a tacere. È la dura legge del pianeta Moccia, e guai a richiedergli se i lucchetti siano di destra o sinistra: “Mi dispiace per chi mi fa queste domande, mi vorrei buttare a terra”. Da Tre metri sopra il cielo, il regista-scrittore denuncia la “voglia di apparire”, ma come appaiono questi suoi Universitari: appannati o sfocati?
Sostieni ilfattoquotidiano.it: mai come in questo momento abbiamo bisogno di te.
In queste settimane di pandemia noi giornalisti, se facciamo con coscienza il nostro lavoro,
svolgiamo un servizio pubblico. Anche per questo ogni giorno qui a ilfattoquotidiano.it siamo orgogliosi
di offrire gratuitamente a tutti i cittadini centinaia di nuovi contenuti: notizie, approfondimenti esclusivi,
interviste agli esperti, inchieste, video e tanto altro. Tutto questo lavoro però ha un grande costo economico.
La pubblicità, in un periodo in cui l'economia è ferma, offre dei ricavi limitati.
Non in linea con il boom di accessi. Per questo chiedo a chi legge queste righe di sostenerci.
Di darci un contributo minimo, pari al prezzo di un cappuccino alla settimana,
fondamentale per il nostro lavoro.
Diventate utenti sostenitori cliccando qui.
Grazie
Peter Gomez
GRAZIE PER AVER GIÀ LETTO XX ARTICOLI QUESTO MESE.
Ora però siamo noi ad aver bisogno di te.
Perché il nostro lavoro ha un costo.
Noi siamo orgogliosi di poter offrire gratuitamente a tutti i cittadini centinaia di nuovi contenuti ogni giorno.
Ma la pubblicità, in un periodo in cui l'economia è ferma, offre ricavi limitati.
Non in linea con il boom accessi a ilfattoquotidiano.it.
Per questo ti chiedo di sostenerci, con un contributo minimo, pari al prezzo di un cappuccino alla settimana.
Una piccola somma ma fondamentale per il nostro lavoro. Dacci una mano!
Diventa utente sostenitore!
Con riconoscenza
Peter Gomez