Le recenti rivelazioni sulle attività di intercettazione e spionaggio operate dalla National Security Agency non sono una novità per chi da anni segue la vicenda sempre più oscura dei diritti e delle libertà Usa. Nel gennaio 2009, durante un’intervista con Keith Olbermann di MsNbc, l’ex-analista della Nsa Russel Tice disse: “La National Security Agency ha accesso a tutte le comunicazioni degli americani – fax, telefonate, comunicazioni attraverso il computer. Non importa che tu ti trovi in Kansas, e non hai mai comunicato con l’estero in tutta la tua vita. La Nsa monitora tutte le comunicazioni… In particolare, quelle che riguardano la stampa, i reporter e i giornalisti”. Al che il giornalista, Olbermann, chiese a Russel Tice se anche le sue telefonate col nipote potessero essere state registrate. Tice rispose: “Tutto. Qualsiasi cosa…”.

Questo “Leviatano” dell’intelligence Usa, la National Security Agency, ha del resto una storia che incarna perfettamente un’idea di segretezza onnipotente e onnipresente. Il suo soprannome negli ambienti del governo americano è “No Such Agency” – “nessuna agenzia di questo tipo” – un gioco di parole che ne rimarca il carattere di segretezza ai limiti della non-esistenza – oltre al fatto di essere la più grande centrale di spionaggio al mondo. Fondata nel 1952, durante l’amministrazione di Harry Truman, la Nsa  rimase sconosciuta ai più per almeno due decenni. Per anni, praticamente sino ai nostri giorni, l’agenzia si è sempre vantata di una quasi totale assenza di fughe di notizie dai suoi uffici. Non si sa quante persone vi lavorino. Non si conosce esattamente il numero di persone che sono oggetto delle sue attenzioni. Anche il budget è tenuto segreto. Matthew Aid, che nel 2009 scrisse una storia della Nsa, ha stimato che in quell’anno la dotazione dell’agenzia dovesse aggirarsi intorno agli 8 miliardi di dollari.

Quando, a metà anni Settanta, il generale Lou Allen si presentò davanti al Congresso per testimoniare – fu il primo direttore della Nsa ad apparire in pubblico – disse che la sua agenzia teneva sotto controllo alcune centinaia di persone, per lo più attivisti anti-guerra con sospetti legami all’estero. Lo sviluppo delle comunicazioni e dei sistemi di controllo ha moltiplicato all’infinito quei numeri. Ogni “stazione ricevente” della Nsa colleziona oggi circa un miliardo tra email, telefonate, messaggi al giorno. Anche il numero dei suoi impiegati, sia pure custodito con grande attenzione, ha subito un’impennata importante. Tra il quartier generale di Fort Meade, in Maryland (non a caso, proprio a Fort Meade si sta svolgendo il processo a Bradley Manning, il soldato accusato di aver passato documenti riservati a Wikileaks), le sedi in Georgia e Texas, le innumerevoli basi negli Stati Uniti e all’estero (in Gran Bretagna, Germania e Giappone), la Nsa dovrebbe impiegare circa 55mila persone, di cui 35mila militari. Sconosciuto il numero dei privati messi sotto contratto dall’agenzia. Una nuova enorme base, nel deserto dello Utah, è in costruzione da anni. Costerà due miliardi di dollari e dovrebbe essere pronta il prossimo autunno. Secondo James Bamford, altro “storico” della Nsa, la base dello Utah dovrebbe riuscire a immagazzinare l’equivalente di un quintilione di pagine di documenti.

Documenti riservati, poi declassificati, mostrano che sino al 1997 l’attività principale dell’agenzia è stata quella di sviluppare strumenti di intelligence e tecnici per attaccare le reti informatiche dei cosiddetti “Paesi ostili”. Il virus Stuxnet, creato nel 2006 per danneggiare il sistema nucleare iraniano, è frutto della collaborazione tra gli scienziati americani, i tecnici della Nsa e l’esercito israeliano. Con l’11 settembre 2001, la sua missione si trasforma e allarga. La lotta al terrorismo, la difesa del territorio nazionale, lo spionaggio di sospetti terroristi diventa il focus dell’agenzia. Due settimane fa, durante una conferenza stampa a Washington, l’attuale direttore, il generale Keith B. Alexander, ha raccontato che “la Nsa è troppo impegnata a tenere sotto controllo le potenziali minacce terroristiche e non ha il tempo di leggere i 420 miliardi di e-mail scritte ogni giorno dagli americani”. In realtà, sin dagli anni dell’amministrazione Bush, l’agenzia è stata al centro di sospetti e accuse per la sua attività di controllo sulle vite dei cittadini statunitensi. Un reportage del New York Times, nel 2005, raccontava che la Nsa aveva avuto il via libera di Bush per intercettare indiscriminatamente gli americani, senza ottenere il permesso preventivo di un tribunale, come richiesto dal Foreign Intelligence Surveillance Act del 1978. Un’ondata di polemiche e generale indignazione condusse Bush, nel 2007, a sottoporre nuovamente le intercettazioni della Nsa al via libera di un tribunale speciale. Nel 2008 il Congresso allentò ancora una volta i controlli, allargando la discrezionalità delle intercettazioni. Nel 2009 Barack Obama ammise che c’era stata una “sovra-raccolta di dati” da parte dell’Nsa, ma che gli eccessi erano stati degli errori isolati.

Mai davvero risolto, infine, è stato il rapporto tra la politica di Washington e l’agenzia. Se una parte di deputati e senatori – la maggioranza – ha spesso abbassato la testa di fronte alla richiesta della Nsa, una minoranza si è battuta per rendere più trasparenti le sue attività. Nel 1975, un avvocato e senatore democratico, Frank Church, disse che lo sviluppo delle tecnologie avrebbe potuto trasformare l’attività della Nsa e di altre agenzie di spionaggio in “un abisso da cui non c’è ritorno”. In questi anni due senatori democratici, Ron Wyden e Mark Udall, hanno chiesto, invano, che venisse diffuso il numero di cittadini americani sottoposti a intercettazioni. Ron Paul, il libertarian ex-candidato repubblicano alle presidenziali, ha detto, di fronte all’allargarsi sempre più massiccio dello scandalo in queste ore, che “si tratta di un totale e definitivo attacco alla Costituzione degli Stati Uniti”.

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