Quando ci sottopongono un sondaggio è buona norma appurare chi lo ha commissionato. Si chiama sana “ermeneutica del sospetto”, pratica impostaci da una lotta politica pluridecennale basata esclusivamente sulla produzione di false rappresentazioni, con cui incantatori da bazar e pifferai magici tengono in ostaggio i rispettivi pezzi di elettorato (che gli esperti di marketing definirebbero “captive”). Difatti il suono degli strumenti al lavoro per l’ennesimo incantesimo sta fischiando nelle nostre orecchie con sempre maggiore intensità; veicolato soprattutto dalla grande stampa, che ha sposato la tesi della difesa a oltranza del governo Letta-Alfano e ora si impegna a costruirgli attorno il consenso necessario per durare a lungo.

A tale scopo vengono sistematicamente sbattute in prima pagina le ricerche telefoniche a campione (sulla cui composizione si resta sempre nel vago) che rivelerebbero il crescente apprezzamento popolare nei confronti del ministero in carica e del primo ministro in particolare. L’intento manipolatorio risulta evidente, considerando che almeno i 2/3 del voto alle ultime elezioni esprimevano un chiaro indirizzo antiberlusconiano; per cui appare a dir poco problematico che tale domanda nel giro di due mesi sia venuta ribaltandosi nel proprio contrario: l’apprezzamento per la compagine costituitasi grazie alla esplicita benevolenza (come sempre non disinteressata) di Silvio Berlusconi.

Per quanto poi riguarda il presunto appeal del primo ministro, qui la piaggeria supera le soglie del paradossale: perfino una scopa di saggina tracima maggiore seduttività dell’Enrico Letta jr. Ciò nonostante i signori dell’opinione continuano nella loro opera di costruzione della realtà e di coltivazione del consenso drogato nei suoi riguardi. Il fattore su cui queste operazioni fanno leva non è il convincimento, bensì la stanchezza.

Ci prendono per sfinimento. Come dimostra persino l’indignazione all’interno del Pd (Occupy Pd), che vorremmo fosse montante e rinnovatrice ma che sembra in pieno riflusso: non so altrove, ma i casi che ho sotto gli occhi (Genova e Milano) parlano in larga misura di militanti narcotizzati, che ripetono pappagallescamente “che bello abbiamo un governo”, “che bello abbiamo ministri nostri” (magari giovani turchi rapidamente declassati a vecchi arnesi come Orlando e Fassina). Il panorama che si apre ai nostri occhi è quello di una ennesima “bonaccia del mar delle Antille” destinata a durare anni.

Per questo diventano essenziali iniziative multiple di controinformazione per rompere il cerchio stregato dell’incantesimo. Ma per ora si nota solo l’impegno ammirevole di Stefano Rodotà e la voce flebile di Sel (alla ricerca di una nuova verginità). Le bocche da fuoco più potenti sarebbero quelle del M5S, che però – grazie alla manifesta incapacità post elettorale dei suoi due cacicchi extraparlamentari – si sta avvitando in una spirale distruttiva e demenziale tra contabilità ragionieristiche e ottusità reazionarie sullo ius soli. Davvero bei regali a quella corporazione del potere che ha prodotto quanto appare un puro e semplice “governo dell’arrocco”, presentato come panacea universale. Proprio dagli stessi – Eugenio Scalfari in testa – che per un anno hanno praticato la più spudorata Montilatria del “sobrio è bello” a favore dei banchieri.

 

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