L’agenzia di stampa nordcoreana (KCNA) ha comunicato che le autorità di Pyongyang avrebbero ordinato l’evacuazione dell’area industriale di Kaesong, il complesso all’interno del quale operano un centinaio di aziende sud coreane e lavorano 50 mila lavoratori del Nord. L’area frutta alla Corea del Nord due miliardi di dollari l’anno. La scorsa settimana Kaesong, simbolo della minima cooperazione tra le due parti del paese diviso, era stata bloccata da Pyongyang, come ennesimo gesto di sfida nei confronti della comunità internazionale. Un funzionario del partito dei lavoratori nord coreano si sarebbe recato sul posto, decidendo infine per la chiusura. Resta da capire cosa ne sarà degli oltre cinquecento lavoratori sud coreani ancora presenti sul posto.

La difficoltà di capire quali possono essere gli esiti della crisi coreana, è stata testimoniata dalla ridda di voci provenienti dal Sud del paese. Dapprima il ministro per la Riunificazione Nazionale di Seul ha affermato di avere informazioni circa un imminente nuovo test nucleare da parte di Pyongyang (sarebbe il quarto nella storia del paese). Poco dopo, il ministro della Difesa sud coreano ha smentito il suo collega, sostenendo che non esisterebbero prove circa il test. Un’ora dopo è arrivato l’annuncio della chiusura di Kaesong che fa ritenere che la situazione di tensione possa peggiorare nel giro delle prossime ore. La confusione sud coreana per altro è confermata da un dato: secondo fonti cinesi sarebbero solo i servizi sud coreani ad avere la possibilità di accedere a informazioni credibili che arrivano dalla Corea del Nord.

Nell’ambito dell’escalation di provocazioni e minacce da parte di Kim Jong un, leader della Corea del Nord, è intervenuta con forza anche la Cina. Dopo l’invito di Obama ad una partecipazione più risoluta di Pechino alla gestione della crisi coreana, il neo presidente Xi Jinping, in occasione del forum economico asiatico di Boao, ha avuto parole durissime per l’alleato nord coreano. “A nessun paese, ha detto Xi, dovrebbe essere consentito di diffondere caos in un’area geografica e minacciare la pace mondiale per un egoistico ritorno”. Xi non ha citato direttamente il regime di Pyongyang ma non ci sono dubbi circa il destinatario della sua dichiarazione. Anche perché dopo le sue affermazioni, si è fatto sentire il ministero degli esteri cinese, Wang Yi: “Ci opponiamo alle parole e alle azioni provocatorie che minano la sicurezza della regione”, ha detto Wang che domenica scorsa aveva espresso “grave preoccupazione” di fronte alla crescente tensione coreana.

E il rapporto tra Cina e Corea del Nord sembra quello che potrebbe sbloccare in un modo o nell’altro la situazione. Non ci sarebbero ancora le condizioni per un abbandono completo dell’alleato coreano, ma le parole ufficiali che arrivano da Pechino fanno intendere come quel legame anche personale che univa i leader cinesi alla Corea del Nord ormai non sussista più. Starà a Kim Jong un, che è stato invitato anche a garantire la sicurezza dei cittadini cinesi, trovare un rimedio dato che senza gli aiuti della Cina, il suo potere è destinato a collassare. La Cina è più che mai fuori dalla Guerra Fredda e non ha intenzione di peggiorare la situazione nell’area asiatica che già la vede in contrasto con molti paesi per questioni territoriali, oltre alla necessità di rispondere all’indubbia strategia di accerchiamento operata nell’area da parte degli Stati Uniti. Una Corea del Nord che continua a minacciare i paesi vicini inoltre comporterebbe il rischio di aumento degli armamenti di Giappone e Corea del Sud: si tratta di un’altra evenienza che Pechino preferirebbe evitare.

Ad ora, stando a quanto si dice in Cina, i rapporti tra i due paesi affondano nel cuore della storia e delle tradizioni, ma più di tutto sono tenuti insieme dal rischio che Pechino non vuole correre, ovvero ritrovarsi orde di nord coreani sul proprio territorio, nel caso in cui il regime di Pyongyang dovesse crollare. Altro elemento su cui Pechino sta presumibilmente ragionando è la possibilità di dover affrontare un’eventuale penisola coreana unita, sotto l’influenza americana. E’ questo il rischio su cui fanno forza i veterani e i membri più anziani del Partito, ancora favorevoli ad un’alleanza strategica con Pyongyang.

di Simone Pieranni

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