Nell’acceso dibattito al Parlamento iberico rischiava quasi di passare inosservata. Una frase, nemmeno principale, messa lì per calmare gli animi dell’opposizione, guidata dal segretario del Partito socialista Alfredo Pérez Rubalcaba, che definiva la situazione di Cipro “disastrosa”. Ma anche quelli di tutti gli altri spagnoli che, nel leggere sui quotidiani la vicenda cipriota, si sono svegliati in preda alla preoccupazione e alla sfiducia. “Le previsioni non sono scommesse, sono obiettivi che la politica economica deve portare a termine, e di fatto cambieremo queste previsioni”, dichiarava Mariano Rajoy.

Il premier iberico ha ammesso di voler procedere a una revisione a ribasso degli obiettivi nel quadro economico del 2013, fissati nel programma di stabilità. Non ha specificato né quando né in che modo, ma la decisione pare sia già stata comunicata alla Commissione europea. A Madrid, dunque, le rettifiche sono pronte per essere presentate all’Europa il prossimo mese di aprile. E Bruxelles pare abbia già un’idea di cosa conteranno le carte del governo: a questo punto è impossibile sostenere gli accordi siglati 11 mesi fa.

Insomma la legislatura, cominciata con le proteste degli indignados a Puerta del Sol, potrebbe finire molto peggio. “Lei ha gettato la spugna sui temi del lavoro e se non cambia la politica economica andremo in rovina”, ha tuonato in aula Rubalcabla guardando negli occhi il presidente Rajoy. Ma in realtà, in Aula, tutti gli sguardi erano rivolti alle decisioni dell’Ue su Cipro.

Contenimento del deficit, risanamento del sistema finanziario, riforme. Le ricette abituali del governo iberico potrebbero non bastare. Anzi. Non bastano già adesso. E la preoccupazione, che per qualche mese si era allontanata, torna ad agitare la Borsa di Madrid e i piccoli contribuenti. No, non c’è una corsa allo sportello. Ma secondo gli ultimi dati dello scorso ottobre, in 14 mesi già 343 miliardi di euro iberici hanno preso il volo verso altre mete. Così, questa lenta agonia economica, insieme alle parole di Mariano Rajoy, rischiano di gettare alle ortiche le rosee parole del ministro dell’Economia Luis de Guindos.

Mentre il parlamento cipriota votava contro il prelevamento forzoso imposto dalla troika, il ministro è apparso in Senato sorridente, e ha spiegato agli spagnoli come il caso Cipro fosse “speciale, isolato, per nulla paragonabile a nessun altro Paese”. Insomma “i vostri depositi sono sacri”, ha detto con tranquillità de Guindos ai correntisti spagnoli. Ma soprattutto ha dichiarato che lui, sulla decisione dell’Eurogruppo, non è d’accordo. “E allora perché l’ha votata?” gli hanno chiesto in coro. “Non sono qui per spiegare come si prendono le decisioni a Bruxelles”, ha detto infastidito, forse dal ricordo di quel sì concesso appena tre giorni fa. “La posizione del governo spagnolo è chiara: bisogna rispettare i depositi di meno di 100 mila euro, questi soldi sono sacri. I correntisti spagnoli devono stare tranquilli. Il comunicato dell’Eurogruppo segnala come i conti con meno di 100 mila euro restano garantiti”, ha concluso il ministro.

Di certo l’Ue non ha la minima intenzione di usare gli stessi forzosi metodi con la Spagna. Il problema però, secondo diversi analisti economici, è che dopo il precedente di Cipro, tutto si complica. Anche perché, il salvataggio di Cipro è, in realtà, un salvataggio alla banca. Un parallelismo con la vicenda iberica che non piace, anche se a Madrid le condizioni sono state già firmate l’anno scorso e non includono nessuna clausola su un futuro prelievo forzoso ai risparmiatori. Dopo i 40 miliardi già prestati agli istituti di credito iberico, il consigliere della Bce Jorg Asmussen dichiarava che l’Ue ha previsto altri 60 miliardi per il sistema finanziario, se necessario, e senza nuove condizioni. Ma un precedente è pur sempre un precedente. E la sfiducia, seppure per la quarta economia europea, è destinata a montare. A maggior ragione se diminuiscono i risparmi da una parte e gli investimenti dall’altra. Poi, come se non bastasse, l’Istituto di statistica nazionale ha snocciolato gli ultimi dati 2012: ci sono già 2 milioni di spagnoli residenti all’estero. E il trend è in aumento del 6,3 per cento.

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