Ho sempre guardato con sospetto al 14 febbraio: il giorno di San Valentino. È il giorno in cui l’amore diventa un cioccolatino da spot pubblicitario e una scusa per riempire ristoranti troppo vuoti causa la crisi. Quest’anno, però, c’è una novità: si chiama One Billion Rising. È una danza collettiva per smettere di dare per scontato la violenza sulle donne, per smetterla di considerarla come un fatto di natura. L’idea iniziale è semplice, ma potente. Come dice Eve Ensler, autrice e attivista, se una donna su tre subisce violenza, “un miliardo di donne violate è un’atrocità, ma un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione“.

La danza rompe gli schemi
La violenza ne colpisce una per educare tutte le altre: per instillare la paura, per farle stare al loro posto, per far sì che stiano ferme, affinché non si muovano. La danza invece rompe gli schemi della violenza. Li rompe perché è movimento, li rompe perché amplifica la forza della comunità, perché non c’è bisogno di conoscere le lingue per danzare e sentirsi insieme alle altre, agli altri, anche se vengono da paesi lontani. La danza ci scuote dall’immobilismo della passività, quella che ci fa pensare che sia meglio starsene buoni, non fare troppo rumore, non agitarsi, per la paura di perdere anche quel poco che abbiamo e su cui si basiamo le nostre illusioni di sicurezza.

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“Nessuno mi può impedire di farlo”
Una mia amica mi ha scritto a proposito della forza di questo evento che “io posso danzare anche se mi immobilizzano, perchè nessuno mi può impedire di farlo”. Sembra impossibile vero? Invece si può. Nessuno può rubarti il movimento, finché sei vivo, finché sei viva.

Ma non è solo questo. Una persona che danza interroga gli altri che stanno a guardare immobili: li mette di fronte alla loro passività, ai loro imbarazzi e rende inutili i loro sorrisini denigratori del tipo “ma questi sono matti”. Perché con la danza vengono meno i ruoli, i poteri e resta l’essenza del movimento. Che poi è l’essenza della vita. Finché c’è vita c’è movimento, dopo chissà…

La politica della vita
Possono sembrare parole scritte da un “amico delle femministe”, da queste pazze che non la smettono di rompere i coglioni da quarant’anni e anche prima. E invece no. Sono solo le parole di un uomo che sa riconoscere la forza della vita quando la incontra. E in questo evento collettivo c’è più forza, più politica, più innovazione di tutte le parole impotenti che ascoltiamo in questi giorni in tv e sul web: da Monti a Grillo passando per tutti gli altri. Io sono solo uno di quelli che aveva una paura da morire non dico a danzare, ma anche solo a affacciarsi nei luoghi dedicati al ballo. Con fatica, un piccolo passo dopo l’altro, ho smesso di vergognarmi. E quando smetti di vergognarti cominci a prenderti il tuo piacere nella vita e a drizzare la schiena di fronte alle avversità: quelle piccole e quelle grandi.

Per questo il 14 febbraio ci sarò: con tutti quelli e tutte quelle che alzeranno il culo dalla sedia, per smettere di stare immobili a guardare e a giudicare.

L’altro lato della violenza: si chiama aggressività (e non fa male, anzi)
Sono solo una persona che come tutti gli uomini e le donne di questa società ha dentro di sé il cromosoma della violenza. Chi si crede di esserne immune è in malafede e nel suo intimo lo sa. Non bisogna essere dei gran sociologi per comprenderlo: è sufficiente sfogliare i titoli di cronaca nera su un qualsiasi quotidiano per averne la prova scientifica. Non è che  che ci si sveglia da 10.000 anni di patriarcato e gli si dice addio in quattro e quattr’otto…

Anche per questo la danza è potente, perché porta alla luce l’altro lato della violenza: l’aggressività. I teorici, di solito maschi, fanno i furbi e cercano di fare di tutta un’erba un fascio accumunando aggressività e violenza, ma non è affatto così. Il segreto è nascosto nell’etimologia, nelle radici della nostra cultura, e se si scava appena un po’ si scopre che “aggredire” include il significato di “andare verso”: verso l’altra persona, verso il mondo, con il proprio fagotto di desideri. Senza aggressività non c’è movimento e senza movimento non c’è il desiderio di cambiare le cose.

Oltre la violenza
L’aggressività è alla radice del movimento della vita e non c’entra niente con l’idea di cui la violenza è portatrice, che é di raggiungere il piacere attraverso la distruzione dell’altro, dell’altra. Perché il 14 febbraio non si danza solo per le donne violate, ma per cambiare il segno alla violenza, per scoperchiare la forza potente dell’aggressività vitale. Una forza rispetto a cui nessun’arma, nessun esercito può fare nulla. Perché questa forza è la stessa della marea: quando sale e quando scende nessun plotone riesce a fermarla. La Luna può, ma non spara e non fa male, al massimo fa innamorare. 

Esattamente come accade se un miliardo di donne comincia a danzare. Esattamente come succederà il prossimo 14 febbraio. Io ci sarò, e tu?

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