E’ l’inferno. A terra ci sono solo bossoli e sangue. I numeri dei cartellini della scientifica segnano il conto: 19. E’ stata una carneficina. Un raid di camorra che segua l’inizio di una guerra. L’ennesima. Non siamo a Scampia ma a Ponticelli, nel cuore della zona Orientale di Napoli. Erano da poco passate le 20 quando è entrato in azione il commando. Hanno atteso l’arrivo in scooter di Gennaro Castaldi, 20 anni appena compiuti, e Antonio Minichini, 19 anni, entrambi – nonostante la giovane età – pregiudicati.

Appena giunti sotto casa, un’auto si è messa di traverso. Li ha bloccati. Neppure il tempo di alzare lo sguardo. E’ partita la prima raffica. Una pioggia di fuoco. Gennaro Castaldi è raggiunto da una decina di proiettili alla testa e al torace. Non c’è scampo. Antonio Minichini, capisce che è in trappola. Lui è il figlio di un pezzo da novanta vicino al clan De Luca che da tempo ha soppiantato sul territorio la cosca dei Sarno dopo i pentimenti dei vecchi boss. Scappa. E’ un bersaglio mobile. E’ inseguito dai sicari. Rantola ancora quando giungono in via Arturo Toscanini le volanti della polizia e le ambulanze del “118”. E’ gravissimo. Dal collo e dalla spalla fuoriescono – dai fori dei colpi – fiotti di sangue. Lo trasportano all’ospedale “Loreto Mare” ma alle prime luci dell’alba, muore. Uccisi come due boss. Un bagno di sangue.

Un bilancio drammatico, tragico che trascina nuovamente Napoli nell’orrore dei morti ammazzati. Parlavamo di guerra. Questo è lo scenario tracciato dagli investigatori. Non si tratterebbe di una faida come è stato per Scampia ma di un conflitto tra cartelli criminali. E’ una camorra fluida. Gli arresti, i pentimenti, le condanne hanno disarticolato storici clan che per 50 anni hanno comandato, governato e gestito attività illegali e legali in quel pezzo di città adesso in trasformazione. Proprio su quell’area a breve ci saranno ingenti investimenti economici, progetti di sviluppo e d’innovazione. Tanto per citarne uno: la costruzione di un nuovo stadio ma anche l’avvio di importanti ristrutturazioni e recuperi architettonici. Affari, soldi, appalti e sub-appalti che fanno gola. I clan si predispongono e cominciano ad accaparrarsi il business della droga.

E’ in corso la “rimodulazione” delle piazze di spaccio dopo la chiusura di quelle di Scampia. Prima latente poi esplode feroce. Un filo rosso, una scia di sangue che potrebbe indicare come si stia spostando il baricentro della camorra a Napoli dai quartieri di Secondigliano e Scampia a quelli della periferia orientale. Sono segnali da cogliere. Come l’omicidio – lo scorso 23 gennaio – a Barra, sempre nella zona Orientale – di Ciro Valda, 34 anni, ammazzato con 35 colpi di pistola. Non è una fiction. Non è “il clan dei camorristi”. Non è televisione. Qui, il sangue versato è vero. E’ una nuova carneficina. E vaffanculo gli stereotipi e i luoghi comuni. Napoli è di nuovo inginocchio. Farà anche storcere il naso il “Financial Times” quando titola “Napoli è disperata” ma Castaldi e Minichini in due avevano poco più di 39 anni.

Che futuro ha una città, un popolo se convive con tanta disinvoltura con i morti ammazzati? Sullo sfondo c’è da constatare con amarezza come nei programmi e nelle agente elettorali anche questa volta la parola camorre non trova spazio.     

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