“Il corpo è un campo di battaglia”. Con questo slogan, le attiviste cinesi stanno pubblicando le foto dei loro corpi nudi per sensibilizzare l’opinione pubblica e accelerare il varo di una legge che le protegga dalle violenze domestiche. Secondo le ultime informazioni, il disegno di legge è stato inserito tra quelli che si discuteranno nella prossima Assemblea nazionale del popolo, l’organo legislativo cinese più vicino al nostro parlamento. Ma l’Assemblea si riunirà a marzo 2013 e passeranno poi almeno due o tre anni prima che la legge entri in vigore. Stanche di aspettare il governo, le donne hanno inventato questa nuova forma di movimento online. Mirano a raccogliere diecimila firme da presentare all’Assemblea nazionale: hanno cominciato all’inizio di novembre e sono già arrivate alla metà delle firme: chiedono una legge che le protegga, in tempi rapidi.

La sicurezza delle donne in Cina è ancora oggi un problema enorme. Un’indagine governativa ha reso noto che una donna sposata su quattro è stata oggetto di violenza domestica, senza contare il numero incalcolabile di donne che sono state costrette più volte ad abortire per ossequiare la legge sul figlio unico. Feng Yuan, presidente della Rete cinese contro la violenza domestica – un’associazione di donne nata nel 1998 -, crede che si possa senza dubbio affermare che in Cina una famiglia su tre ne ha avuto esperienza al suo interno. E fa notare che il nodo fondamentale è la violenza psicologica che le donne subiscono ma che nella maggior parte dei casi non sono neanche capaci di ammettere, perché in cinese non esiste una parola che la indichi concretamente.

Ma bisogna anche spiegare che piano piano la legislazione cinese ha cominciato a prendere in considerazione il problema. Nel 2001 il concetto di violenza domestica è entrato a far parte della legge che regola le unioni e i matrimoni, anche se in maniera fumosa e completamente insufficiente a garantire una corretta prevenzione e una netta condanna degli atti ascrivibili a questo tipo di imputazione. Dal 2003 al 2009, le donne della Rete di Feng Yuan hanno sottoposto all’Assemblea nazionale del popolo due bozze di legge, che mirano a rendere più concreta da un punto di vista legale la prevenzione e la condanna degli abusi tra le mura di casa. Il loro lavoro ha anche prodotto manuali indirizzati alle differenti professionalità (mediatori, giornalisti, medici…) che spieghino le linee guida dei comportamenti da adottare e come trattare questi casi senza ledere la privacy delle persone coinvolte.

La recente campagna che espone il corpo delle donne si inserisce in questo filone di acquisizione di consapevolezza di genere ed è stata iniziata da Xiong Jing, una ventiquattrenne che si occupa di contenuti web. Lei per prima ha pubblicato foto di se stessa con questa motivazione: “E’ una immagine molto potente che rompe un tabù. Spero faccia riflettere sul rapporto tra violenza domestica e corpo nudo”, ha raccontato ai giornalisti del South China Morning Post. E ha aggiunto: “Mi piace il modo di dire: il corpo è un campo di battaglia. Voglio dimostrare il mio sostegno alle donne e aumentare la consapevolezza sulla violenza contro di esse.”

La campagna è iniziata il 6 novembre e in un mese ha già raccolto oltre cinquemila firme. Tra le richieste contenute nella petizione da presentare all’Assemblea nazionale del popolo, vi sono quelle per una maggiore trasparenza nel processo legislativo in modo da consentire una maggiore partecipazione popolare e quelle che chiedono un meccanismo giuridico che miri a individuare le responsabilità e fondi per le organizzazioni non governative che supportano le donne in difficoltà. Le donne che scelgono di esporre il proprio corpo, lo fanno in maniera completamente volontaria. In molte hanno scelto di esporre il proprio corpo iscritto di slogan rosso sangue (vedi la foto pubblicata dal SCMP). “Non fare del male, ama il mio corpo” e “liberare il genere, eliminare la violenza” sono solo alcune delle frasi che si possono leggere sui loro corpi.

Quando il movimento è iniziato, alcune delle foto sono state cancellate da Sina Weibo, il twitter della Repubblica popolare, ma la censura è stata interrotta quando ci si è resi conto del numero in continua crescita delle donne che partecipavano. Sicuramente per la Cina questa è una buona occasione per discutere di genere e parità tra i sessi. Speriamo non se la lasci sfuggire.

di Cecilia Attanasio Ghezzi

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