Il marmo non passerà più dalle vie della città. Niente più scaglie né polveri. Niente più smog né scossoni per il passaggio dei camion. Mai più il rischio di dover attraversare la strada vedendo avvicinarsi un autotreno appesantito da blocchi giganti. Carrara ce l’ha fatta: da una settimana o poco più ha una strada che, senza passare dal centro urbano, collega le cave all’Aurelia e quindi all’autostrada e ai porti, compreso il suo.

Dopo un’inaugurazione che a 15 giorni dalle elezioni ha pesato molto di più di mille comizi il sindaco Angelo Zubbani, socialista rimasto immune alla diaspora, ha al suo arco una freccia che prima di essere scoccata pare destinata ad avvicinarsi al centro: ha ottenuto la fine dei lavori della più importante opera degli ultimi 40 anni prima della fine del mandato. “Con la strada – dice – la città respira, tutelando al meglio le esigenze dei trasportatori”.

Carrara, area tra le più depresse della Toscana, ce l’ha fatta in 8 anni. Cinque chilometri e 600 metri, dei quali 4 e mezzo di gallerie e 455 di viadotti e tratti a cielo aperto. Sono stati scavati oltre un milione di metri cubi, sono stati utilizzati 259mila metri cubi di calcestruzzi, quasi 26mila tonnellate di acciaio e 438 chilometri di cavi.

Ma a quale costo, sia in senso letterale sia in senso lato? Su questo e su altro si è consumata la spaccatura nel centrosinistra: Zubbani, oltre al suo Psi, avrà l’appoggio di tutto il centrosinistra, Udc compresa. Ma non dell’Italia dei Valori. Perché proprio sui costi per la realizzazione della Strada dei Marmi si è incaponita Claudia Bienaimè, architetto, candidata sindaco sostenuta in loco da Antonio Di Pietro e dall’assessore regionale Anna Marson, che ha trascinato con sé tra gli altri alcuni fuoriusciti vendoliani (la “Fabbrica della Sinistra”) e i Verdi. Gli altri 8 candidati sindaco rappresentano Pdl, Cinque Stelle, Fli, Lega, comunisti ferrandiani e tre liste civiche.

Bienaimè già dall’inizio della costruzione della strada, nel 2003, aveva iniziato a mettere in fila alcune anomalie. Dell’ultima ha chiesto conto alcune settimane fa.

L’odore della ‘ndrangheta. Secondo la relazione annuale 2011 della Direzione Nazionale Antimafia, pubblicata a dicembre, proprio il secondo lotto della Strada dei Marmi ha avuto più di un’attenzione da imprese sospette. “Non si possono tacere – si legge nel rapporto – le risultanze degli accertamenti esperiti dalla Dia di Firenze a seguito di accesso ispettivo ai cantieri”. Le verifiche della direzione investigativa toscana ha riscontrato “la possibile sussistenza del pericolo di infiltrazioni tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’attività delle imprese attenzionate”. La maggior parte delle aziende o dei responsabili vengono definiti “ricollegabili o ritenuti affiliati alla consorteria Comberati-Garofalo”. E’ la ‘ndrina di Petilia Policastro, provincia di Crotone.

Non è un caso che il cognome Garofalo rimandi a Lea, l’eroina civile, vittima di un feroce omicidio a Monza, per il quale sono state condannate all’ergastolo sei persone, tra cui l’ex compagno Carlo Cosco. Ma non solo: la Dia segnala anche la “costante presenza” dei membri della famiglia Sicilia (ritenuti affiliati ai Comberati-Garofalo) e la “non episodica partecipazione ai lavori” della famiglia Marino, proprietaria di due società già sottoposte a provvedimenti interdittivi del prefetto di Reggio Calabria e a sua volta ritenuta vicina alla criminalità organizzata della fascia ionica e reggina. Infine la Dia di Firenze ha registrato la partecipazione ai lavori di una società riconducibile a Giuseppe Ceravolo, arrestato nel 2010 su disposizione del gip di Reggio per associazione mafiosa.

Il sindaco: “Mai avuto allarmi”. “Perché tutto tace, da quando ho presentato la relazione della Direzione Nazionale Antimafia sulle infiltrazioni mafiose nei cantieri della Strada dei Marmi?” aveva sbottato la Bienaimè alcune settimane fa. Zubbani risponde al Fatto che “l’unico atto che ci è arrivato è stato nel gennaio del 2011 dalla prefettura di Torino che ci chiedeva di verificare la presenza di una persona, all’interno delle varie società che stavano lavorando, che aveva parenti poco raccomandabili. Abbiamo fatto delle verifiche e non abbiamo trovato questa persona. Anzi, da allora tutti i giorni sono stati registrati tutti coloro che hanno lavorato nei cantieri: autisti, operai, professionisti. Non è mai emerso niente”. E quella sfilza di nomi nella relazione? “Ci ha colti di sorpresa – risponde – Abbiamo chiesto alla Progetto Carrara, ma neanche loro hanno ricevuto mai né una lettera né un avviso né una convocazione”. Secondo la ricostruzione degli uomini dell’antimafia, ad ogni modo, le presenze sospette sono rimaste finché si trattava di “alla grossa”, per così dire: movimentazione terreni. Quando nei cantieri si è passati al lavoro più complesso (progettazione e realizzazione) le ditte “dall’odore pesante” se ne sono andate.

Il prezzo della strada. Per la Strada dei Marmi si sono spesi complessivamente 119 milioni, 21mila euro al metro: 22 milioni per il primo lotto (fondi europei); gli altri 97 con mutui accesi dalla giunta Zubbani e dalla partecipata costituita ad hoc, la Progetto Carrara. La società doveva vedere la partecipazione dei privati, ma alla fine è rimasta tutta del Comune. L’esistenza della Progetto Carrara è stata prolungata di recente fino al 2100. Un carrozzone, per i dipietristi. “Era necessario per l’ammortamento dei mutui – replica il sindaco – Ma posso anticipare che ho intenzione di accorparla con un’altra partecipata, la Amia, che si occupa di rifiuti”. Fino a quel momento la Progetto Carrara costa ogni anno oltre 80mila euro per gli amministratori, oltre 20mila per i revisori, oltre un milione per i 31 dipendenti (14 dei quali assunti per la realizzazione della strada). A questo si aggiungono poco meno di 600mila euro spesi in consulenze.

Il premio all’azienda. Poco meno di 4 milioni dei 119 rappresentano il “premio di accelerazione”: se un’impresa completa l’opera prima del termine fissato, le viene riconosciuto un tot in più. “L’abbiamo preferito alla clausola di sanzione in caso di ritardi che è sempre impossibile far rispettare” spiega Zubbani. Tuttavia il termine lavori per la consegna della Strada dei Marmi non era nel 2012, ma nel gennaio 2011. La Adanti, la ditta costruttrice, ha ottenuto una lunga proroga. Una prima di 6 mesi per un “imprevisto geologico”. Una seconda per l’adeguamento per “sopravvenute disposizioni legislative” (altri 6 mesi). Una terza per furti in cantiere (77 giorni). Così il limite è stato spostato al 9 marzo 2012.

Ma la ditta ha dichiarato la fine dei lavori a settembre 2011, guadagnandosi così il premio di accelerazione da 3 milioni e 900mila euro. Peccato che la strada non sia stata utilizzabile fino al 24 aprile perché non funzionava il lavaggio dei camion e per un periodo non c’era neanche l’allaccio della corrente elettrica. “Nonostante tutto ciò – ha scritto in una relazione la commissione di controllo presieduta dal consigliere uscente Gianni Ilari, del Pdl – abbiamo pagato 23mila euro al giorno all’Adanti come premio d’accelerazione per il fine provvisorio dei lavori che è datato addirittura 1 settembre 2011”. Non solo: la Adanti ha chiesto anche altri 44 milioni di euro di richieste aggiuntive.

Le (carenti) indagini e la frana. La prima delle proroghe – per l’imprevisto geologico – è una storia nella storia. Il primo progetto della strada era stato fatto evidentemente senza ricerche geologiche sufficienti. Tanto è vero che durante il percorso degli scavi la roccia è diventata argilla e, come spiega lo stesso Zubbani, “anziché procedere 3 metri al giorno, abbiamo dovuto andare avanti a 10 centimetri al giorno”. Ci fu anche una frana, all’altezza della galleria del Macina, con tanto di blocco dei lavori richiesto da un abitante con la casa instabile e concesso dal giudice. Ma, precisando che non ci sono contenziosi in essere, il sindaco ribadisce di avere “fiducia nei tecnici: ci metto la faccia”.

Le polemiche sull’ingegnere. Parata in corner con un accordo con le Entrate un’ulteriore tegola di un’evasione sull’Iva (un vizio formale che poteva costare milioni di euro), resta la polemica che si trascina da anni sul responsabile del progetto, a capo del settore operativo della Progetto Carrara: l’ingegner Gaetano Farro, infatti, ha patteggiato un anno e 5 mesi per disastro colposo e omicidio colposo in concorso nel processo per la cosiddetta “strage di Secondigliano”: il 23 gennaio 1996, durante la costruzione di un tunnel, si aprì una voragine che risucchiò tre palazzi. Ci furono 12 morti. Farro era l’amministratore dell’impresa appaltatrice. “E’ una persona di valore e un ottimo ingegnere” lo difende Zubbani.

Gli scandali tra Massa e Carrara. Resta che i carraresi, ingordi, in questi anni non si sono accontentati di tutto quello che è accaduto nel resto del Paese e dalle loro parti non si sono fatti mancare niente.

La sanità, per cominciare. L’Asl 1 di Massa Carrara ha un buco da 300 milioni di euro (con relativa inchiesta e direttore generale cacciato), macchia grossa così nel sistema sanitario all’avanguardia toscano messo in piedi dall’ex assessore alla sanità Enrico Rossi, ora popolarissimo presidente della Toscana. Proprio Rossi, quando ha scoperto il megapasticcio, ha portato i conti in Procura e alla Corte dei conti di Firenze. 

Secondo scandalo: i rifiuti. La Cermec è finita sotto inchiesta (19 indagati) per reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata a corruzione e concussione fino a peculato, abuso d’ufficio e truffa. La voragine vale 44 milioni di euro, che naturalmente saranno pagati dalla collettività, attraverso le tariffe sui rifiuti.

Perfino i morti, infine. Al cimitero di Mirteto il Nas dei carabinieri scoprì che le salme non venivano cremate, come richiesto dai familiari. Oppure venivano cremate ma a temperature più basse, sempre per risparmiare. Risultato: furono trovati in uno scantinato 550 chili di ceneri e salme (inutile precisare che ai parenti venivano consegnate ceneri che non erano del loro caro). Un processo è in corso, 4 condanne sono state già pronunciate. Un caso, quello delle false cremazioni, che riguarda Massa, ma del resto le due città capoluogo sono distanti 7-8 chilometri.

I debiti. I carraresi hanno, per finire, anche il secondo Comune più indebitato d’Italia con una percentuale di debito sulle entrate correnti pari a 252,2% e un debito di 2375 euro pro capite. In Italia sta peggio solo Torino che ha sulle spalle il fardello dei Giochi olimpici invernali. “Ma se loro hanno i debiti per gli investimenti per le Olimpiadi – spiega Zubbani – noi abbiamo quelli per la Strada dei Marmi”.

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