C’è un primo via libera in Parlamento per la legge sull’equo compenso ai giornalisti: niente finanziamento pubblico alle testate che non pagano adeguatamente i loro cronisti. E speriamo che la legge vada in porto. Dice però giustamente Enzo Iacopino, presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che la situazione non cambierà “fino a quando non collaborerà pienamente con l’Ordine chi ha responsabilità nella categoria e continua a fingere di non accorgersi o si rende complice attivo nello sfruttamento di migliaia di giovani di ogni età che continuano ad essere compensati con spiccioli di euro”.

Vero. Giusto. Sacrosanto. Ma andrebbe spesa anche una parola anche sui ‘colleghi’ che vogliono farsi sfruttare e magari sono contenti di questo. Mi riferisco a quel popolo di giornalisti o aspiranti tali che pur di vedere apparire la firma lavorano gratis. Io vivo nel napoletano e ne conosco tanti. Ho provato a ragionare con loro ma le mie parole rimbalzano su un muro di gomma. Purtroppo inquinano al ribasso il mercato della domanda e dell’offerta di collaborazioni giornalistiche. Le ragioni? Sono tante e provo a spiegare le più frequenti.

C’è chi vive di altri lavori, non giornalistici, o di rendita. Firma pezzetti da qualche parte per giustificare la dicitura ‘giornalista’ affianco agli eventi che organizza e per i quali ottiene sponsor e compensi.
C’è chi è convinto che oggi lavora gratis, ma domani le cose andranno meglio. Beata ingenuità. Di solito dopo un po’ la testata chiude o ti liquida senza un grazie per far ‘lavorare’ gratis un altro al tuo posto. E nessun avvocato riuscirà a farti ottenere un euro.
C’è chi scrive gratis perché vuole conquistare il benedetto ‘tesserino’ di pubblicista. A parte che la legge dice che necessiterebbero due anni di ‘collaborazioni retribuite’, questa prassi alimenta le ragioni di chi vorrebbe abrogare l’elenco dei pubblicisti o almeno cambiare radicalmente le regole di accesso all’Albo.

C’è chi scrive gratis sulla testata X perché tanto ha un contratto ben retribuito di ufficio stampa con il sindaco, la banca, la camera di commercio, l’azienda di soggiorno e turismo, la società mista della nettezza urbana o del servizio idrico. Quindi: ‘marchette’ gratis sul giornale o sul sito in favore del sindaco, della banca, della camera di commercio, dell’azienda di soggiorno e turismo, della società mista della nettezza urbana o del servizio idrico, che sono contenti e ti rinnovano il contratto. E nessuno controlla l’evidente conflitto d’interesse e la violazione di un centinaio di regole deontologiche. Non lo fa l’Ordine, non lo fa l’editore della testata X, che magari sa tutto, ma tollera: e dove lo trovi un altro che lavora gratis?

C’è chi scrive gratis o quasi perché in fondo in fondo pensa che il giornalismo sia una missione sacra che non può essere sporcata con una cosa vile come il denaro. Senza capire che senza le spalle larghe di una tranquillità economica non si possono intraprendere sacrosante campagne stampa, qualsiasi esse siano.
C’è chi scrive gratis perché si sente sufficientemente gratificato dal sentirsi dire quanto è bravo, senza farsi sfiorare dal dubbio che forse gli dicono che sei bravo solo per farlo continuare a lavorare gratis.

C’è infine chi scrive gratis solo perché gli piace dire in giro che è un giornalista. E’ il peggiore, non c’è verso di guarirlo. Forse può riuscirci soltanto qualcuno davvero bravo.

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