Le scorie radioattive come noi le intendiamo sono rifiuti ad alta radiotossicità che derivano da processi nucleari, ad esempio gli scarti di combustibile esausto nel caso di reattori nucleari. Ma anche, più in generale, si possono avere rifiuti contaminati per uso industriale e medico.

Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi è un problema di grande attualità al quale non è ancora stata trovato una soluzione definitiva. Esistono in materia pareri contrastanti di tecnici e scienziati.

La situazione si complica se si considera che la radioattività è presente in natura, ed interessa moltissimi, se non tutti, i processi industriali. I materiali a debole ma non irrilevante radioattività non sono infatti prodotti esclusivamente nelle centrali nucleari, ma derivano anche da processi relativi all’industria e dall’uso medico. Al fine di salvaguardare l’ambiente e la salute dell’uomo, si debbono prendere le giuste precauzioni e capire il livello sotto il quale la radioattività costituisce un rischio accettabile. Quando la radioattività, naturale e artificiale, è pericolosa nelle scorie di processi industriali, ad esempio?

La radioattività è infatti una componente naturale dell’ambiente. E’ dovuta principalmente ad un fattore terrestre e ad uno cosmico. Nel primo caso abbiamo i radionuclidi naturali presenti in diverse concentrazioni nella crosta terrestre, quali ad esempio Uranio, Torio e Potassio-40; la seconda componente è dovuta ai raggi cosmici.

I radionuclidi naturali si trovano in concentrazioni anche molto diverse tra loro da luogo a luogo in dipendenza dalle caratteristiche di conformazione geologica delle diverse aree. I valori di radioattività nel suolo variano mediamente da 100 a 700 Bq/kg nel caso del K-40 e da 10 a 50 Bq/kg nel caso di Uranio e Torio. (Bq = Bequerel, unita di misura della radioattività).

Viste le conseguenze che la radioattività ha sugli esseri viventi e dato che nessuna esposizione alle radiazioni ionizzanti, seppur in dosi minime, si può ritenere sicura al cento per cento, è necessario dettare alcuni principi al fine di preservare l’uomo e l’ambiente. Perciò, l’Icrp (International Commission on Radiation Protection), ha esposto nella pubblicazione n. 26 del 1977 tre principi fondamentali su cui si deve basare il sistema di protezione radiologica:

  1. Giustificazione della pratica:

    “le pratiche che comportano esposizione alle radiazioni ionizzanti debbono essere preventivamente giustificate e periodicamente riconsiderate alla luce dei benefici che da esse derivano”.

  2. Ottimizzazione della protezione:

    “le esposizioni alle radiazioni ionizzanti debbono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali”.

  3. Limitazioni delle dosi individuali:

“le dosi individuali ricevute in ciascuna tipologia di esposizione (lavoratori, popolazione) non devono comunque superare i limiti prescritti dalle normative”.

In Italia tali principi sono stati integralmente recepiti tramite il decreto legislativo 230/95 modificato dal 187/00 e dal 241/00.

Tutte le attività industriali in cui sono utilizzati o manipolati materiali radioattivi generano rifiuti radioattivi. Il contributo più consistente è sicuramente dovuto ai rifiuti provenienti dalla disattivazione delle installazioni nucleari o dalle scorie prodotte dal combustibile esausto. Tuttavia non sono da sottovalutare tutti quei materiali a elevato contenuto di radioattività naturale utilizzati quotidianamente nell‘industria:

• i Norm (Naturally Occurring Radioactive Materials);

• i Tenorm (Technological Enhanced Natural Occurring Radioactive Materials).

I materiali Norm sono quelli che contengono radionuclidi naturali in concentrazioni superiori alla media della crosta terrestre. I materiali Tenorm, invece, a causa delle manipolazioni tecnologiche dell’uomo, presentano una tipologia di radioattività diversa da quella originaria.

In questi ultimi casi, pur essendo la normativa in realtà più complessa, si può stabilire un “confine” fra il “radioattivo” e il “non radioattivo”: una concentrazione di 1000 Bq/kg. Se una scoria chimica che dovete smaltire ha una radioattività inferiore a questo valore, tendenzialmente nessun problema. Se lo oltrepassa, si potrebbe dare il caso che la vostra scoria, oltre che per la sua pericolosità chimica, vada trattata anche per la sua radioattività: e questo, specie in un paese come l’Italia, potrebbe complicare assai le cose.

Articolo Precedente

‘Se paghi puoi distruggere il paesaggio’: ambientalisti contro la delibera di Caldoro

next
Articolo Successivo

Slovacchia, dopo 17 anni ripresi i lavori della centrale nucleare dal ‘cuore’ italiano

next