Accerchiato forse no, ma poco ci manca. Da tempo sotto i riflettori mediatici sulla questione contributi comunali, il Cassero sembra sempre più in una posizione scomoda. Prima con una conferenza stampa del Pdl dove sono stati sventolati i bilanci di un circolo così apprezzato dai bolognesi da riuscire a chiudere il 2011 con 160mila euro di utile, poi con attacchi politici in consiglio comunale e infine con la presa di posizione dei consiglieri del Movimento 5 Stelle. “Senza i soldi che ci mette il Comune riuscirebbero comunque ad andare avanti da soli”, ha spiegato il grillino nonché presidente della Commissione bilancio di Palazzo D’Accursio Marco Piazza. Alla fine è arrivata la stoccata del coordinatore provinciale del Pdl Alberto Vecchi: “Mentre il Cassero non paga l’affitto ci sono bocciofile che pagano 8mila di affitto ogni anno, è una cosa folle”. Vecchi sta pensando all’esposto in Procura per una cifra che considera “allucinante”, ma le sue parole mettono il dito nella piaga: “Le regole non sono uguali per tutti. Non ci può essere qualcuno che ha tutto gratis e gli altri giù a pagare migliaia di euro ogni mese”.

“Una tempesta in un bicchier d’acqua, stiamo parlando di nulla”, si è difeso l’assessore alla cultura Ronchi. Una levata di scudi  che è il segno di come Cassero non sia solo un semplice circolo Arcigay, ma sia il simbolo da 30 anni di tutta una comunità. A spiegarlo bene Bruno Pompa, attivista del mondo lgbt e ora alla direzione artistica del gay lesbian center cittadino, a cui lui però preferisce aggiungere l’aggettivo public. “Considerare l’esistenza, i servizi e le attività del Cassero una “cosa pubblica” è un fatto di civiltà – spiega Pompa – Considerare i benefit comunali, stabiliti da convenzione, un “privilegio” è un atto di accusa che azzera trent’anni di storia, di movimento per i diritti civili e di valore sociale”.

Che il Cassero sia una realtà particolare è confermato anche dalla sua storia. Quando in Italia il movimento lbgt era poco conosciuto, al Cassero veniva assegnata una sede dal Comune di Bologna. Ad entrare nella sede di Porta Saragozza furono il Collettivo frocialista – poi rinominato “28 giugno” – e il circolo lesbico culturale Tiaso. Era il 1982, primo caso in Italia e proprio nella rossa Bologna governata da decenni dal Pci. All’epoca scoppiò una violentissima polemica con la Curia, ma il sindaco Zangheri non cambiò linea. Altri tempi si dirà, ma intanto il gay lesbian center bolognese è diventato una realtà di oltre 18mila tesserati e capace di fornire servizi che, su stessa ammissione dell’assessore alla cultura Alberto Ronchi, il Comune non saprebbe offrire. Per usare le parole di un consigliere comunale del Pd, Benedetto Zacchiroli, “il Cassero svolge un’opera di sussidiarietà a beneficio di tutti”. Non solo cultura quindi, ma anche prevenzione e educazione sessuale, sportello legale e il servizio telefonico “Amico Gay”, nato ormai negli anni 80 e capace ancora oggi di fornire assistenza e supporto. “Il circolo – spiega Beppe Ramina, uno degli attivisti che fondarono il  Cassero – si è occupato da sempre di questioni di relazione e identità che interessano tutta la città e che riguardano tutti”. E’ sempre all’ombra del Cassero che nel tempo sono nate e cresciute tutte quelle realtà gay, lesbiche e trans che fanno di Bologna una città capitale del mondo lbgt e che, spiega un attivista  del movimento gay cittadino,  “si sono potute dedicare a temi specifici solo perché i servizi di base alla comunità erano già garantiti dal Cassero”.

Insomma, il circolo è considerato da molti un fiore all’occhiello er una città considerata gay-friendly. infatti alle scorse comunali sono stati ben tre i rappresentati del mondo gay bolognese ad essere eletti. Sergio Lo Giudice, capogruppo Pd con 600 preferenze, Cathy La Torre, capogruppo Sel con oltre 800 preferenze e Benedetto Zacchiroli, sfidante alle primarie del Sindaco Virginio Merola e entrato in Comune con quasi 500 preferenze. Eppure non tutti pensano che questo possa giustificare un bilancio che si è chiuso con un utile di 160 mila euro e che ha beneficiato di contributi pubblici e di una sede da almeno 50mila euro l’anno in concessione gratuita.

In Consiglio comunale il Movimento 5 Stelle chiederà di votare un ritocco della convenzione attuale in modo da rigirare al Comune di Bologna una percentuale degli utili. “Il meccanismo che immagino – spiega Marco Piazza – è come quello del People Mover. Se ci sono soldì in più, una parte tornerà nelle casse comunali, se non ci sono tutto resterà com’è, e Palazzo D’Accursio continuerà a sostenere un circolo che fa un’attività che tutti noi apprezziamo. Senza questo meccanismo – conclude Piazza – si potrà davvero dire che piove sempre sul bagnato. Il Cassero, lo ripeto, ha tutte le possibilità per mantenersi da solo e senza l’aiuto del Comune”.  I rapporti di forza in consiglio non sembrano per il momento permettere un cambiamento che in teoria dovrebbe essere bocciato da tutto il centrosinistra. Al momento del voto però le cose potrebbero anche andare diversamente. Sia Tommaso Petrella che Raffaella Santi Casali, entrambi democratici doc, hanno già annunciato di essere disponibili a discutere una eventuale revisione della convenzione tra il circolo e Comune.

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