Freddato con una scarica di colpi di pistola, tutti provenienti dalla stessa arma, con una dinamica che sa di esecuzione. Paolo Vivacqua, 51 anni, brianzolo originario di Caltanissetta, è stato trovato riverso alla sua scrivania, con ancora la cornetta del telefono tra le mani, oggi alle 16 nel suo ufficio al piano terra di un palazzone alla periferia di Desio, paese della Brianza balzato agli onori della cronaca un anno fa quando la giunta di centrodestra fu costretta a dimettersi per i contraccolpi dell’inchiesta anti-‘ndrangheta Crimine-Infinito. A dare l’allarme è stata la compagna che, non vedendolo rincasare, si è insospettita ed è andata a cercarlo nell’ufficio di via Bramante da Urbino, all’interno dei caseggiati comunali. Che si trovano a due passi dalla Cava Molinara, luogo in cui erano state interrate valanghe di rifiuti tossici dai clan calabresi.

E’  stata la compagna di Vivacqua a trovarsi davanti il cadavere riverso sulla scrivania e a chiamare il«118» e i Carabinieri. Vivacqua, siciliano, era un imprenditore con piccoli precedenti penali per reati finanziari e si occupava di rottamazione di metalli, attività che in Brianza da sempre è controllata dai calabresi. Questo e altri particolari non hanno fatto escludere agli inquirenti la pista del regolamento di conti. Dietro l’uomo, tra l’altro, ci sarebbe una scia di vicende da accertare. A partire dai dettagli sulla residenza. Vivacqua infatti risulta residente a Lugano e domiciliato a Carate Brianza, ma il suo cognome a Desio è legato alla vicenda di una villa abusiva costruita nella zona della città nota per le violazioni urbanistiche. Oggi, di quella lunga carrellata di costruzioni non autorizzate, ne restano ancora poche. Molte sono state demolite, ma quella legata ai Vivacqua è ancora in piedi. Al procedimento del Comune per abbatterla, il proprietario si è opposto, ricorrendo al Tar in una causa tuttora in corso.

L’unica cosa certa, al momento, è che era quell’ufficio la sede principale degli affari dell’imprenditore siciliano. Ancora un paio d’ore dopo l’omicidio, davanti a quei palazzoni avvolti dalla nebbia, i parenti non si danno pace. Le gazzelle dei carabinieri circondano la zona e i curiosi alla finestra rientrano subito. Quando i familiari accorsi sul posto notano qualche macchina fotografica e capiscono che sono già arrivati i giornalisti, reagiscono duramente. Volano ceffoni e avvertimenti. Sembra di trovarsi a Scampia, invece è la ricca e imprenditoriale Brianza che si è macchiata ancora di sangue. I carabinieri sono costretti ad allontanare i cronisti: “Per la vostra sicurezza, state lontani dalla zona”.

Tocca spostarsi un po’ più in là, osservare da lontano i parenti che gridano in dialetto. E poi i tre figli dell’uomo che vengono portati in caserma per essere sentiti. Le indagini, affidate al capitano Cataldo Pantaleo sono in corso. Nel Comune diventato un simbolo della mafia al Nord, il nuovo sindaco, il democratico Roberto Corti, è preoccupato. Lui che sta cercando in tutti i modi di dare un taglio a quel passato e che ha appena adottato un Piano di governo del territorio che cancella molte delle edificazioni permesse dall’Amministrazione precedente, spera che le forze dell’ordine chiariscano la vicenda. «Non ci lascia di certo tranquilli, aspettiamo di saperne di più».

Articolo Precedente

“L’Italia non può sostenere solo a parole la Corte internazionale dell’Aja. Servono fondi”

next
Articolo Successivo

Morto tre giorni dopo l’arresto. Il Garante chiede chiarezza: “Non sia altro caso Cucchi”

next