Il 15 Amazon presenta una versione economica del suo Kindle, che costerà (in America) solo 79 dollari. Non so quanto tempo ci vorrà per il mercato italiano (su cui in questi giorni Amazon si sta attrezzando con magazzini e distributori): tre mesi, sei mesi, l’anno nuovo?

Il mercato italiano (ma anche tedesco e francese: cioè non anglosassone, in definitiva) è molto indietro, nell’editoria elettronica, ma un supereconomico come questo arriverà senza dubbio anche qui. E segnerà una svolta, esattamente come fu per i primi telefonini economici: un aggeggio che prima era appannaggio di pochi nerd (danarosi) nel giro d’un paio d’anni finì in mano a ciascun ragazzino, con conseguenze epocali (da questo momento nessuno è più solo). La cultura di Facebook, che è il maggiore fra i partiti politici di questo momento, nasce proprio – tanto per dire – da quei primi goffi sms.

E questo che cosa c’entra con noialtri? Non lo so. Però, se domani presentano il primo telefonino con sms, o la Ford T, o il primo foglio di pergamena per scrivere, o il primo ebook reader sotto i cento dollari, allora non siamo semplicemente di fronte a un’invenzione ma a una svolta sociale, a una trasformazione. Il fatto che entro due anni ogni ragazzino italiano avrà, oltre al suo telefonino, anche il suo leggi-libri portatile è uno di questi momenti di trasformazione.

Perciò stiamoci attenti (almeno io) e teniamone conto in tutto ciò che facciamo. Noi produciamo cultura (cioè politica) e comunicazione fra esseri umani (il “giornalismo”). Entrambe, entro pochi anni dalla svolta, ne verranno in tutto o in parte trasformate.

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Nel 1976 l’area politica emergente (la nuova sinistra: gli indignados di allora) produceva ben tre quotidiani: il Manifesto, Lotta Continua e il Quotidiano dei lavoratori, oltre a un numero indefinito di settimanali, riviste, e chi più ne più ne metta. Non venne mai in mente a nessuno di quei benemeriti compagni che forse, invece di tanti giornali piccoli, se ne poteva fare uno grosso, e comune.

La loro area di lettori, insieme con quella dei vecchi giornali “comunisti” come L’Unità e Paese Sera, fu quindi rapidamente travolta appena quancuno dell’establishment si accorse della sua esistenza, e fondò Repubblica. Che fece le sue fortune (chissà se qualcuno lo insegna a Storia del Giornalismo) esattamente coi movimenti del ’77, di cui fece una cronaca seria e professionale (Carlo Rivolta) mentre i quotidiani “rivoluzionari”, ognuno rigorosamente per conto suo, facevano studi ideologici e volantini.

Contemporaneamente era successa una cosa, di cui nessuno si accorse tranne pochi (per esempio, Impastato). Erano nate le emittenti libere, efficienti, economiche, e con un potenziale impatto non inferiore a quello quei quotidiani. In Italia ce n’erano 253, vagamente raggruppate nella Fred (Federazione radio emittenti democratiche). Che però non riuscì mai a funzionare concretamente, a produrre anche un solo programma in comune, perché nessuna di queste emittenti era seriamente intenzionata a fare qualunque cosa con le altre duecentocinquantadue. I compagni “seri”, d’altra parte, erano troppo impegnati a farsi (ognuno per sé) i loro giornali e giornaletti per accorgersi che forse il mondo era un po’ cambiato.

Così, ognuno per sé e Dio per tutti. I più esposti (Impastato) furono rapidamente ammazzati. I più seri e professionali (Umberto Gay di Radio Popolare) si conquistarono un bel pezzo di mercato e in parte ce l’hanno ancora. Tutti gli altri si dissolsero semplicemente, passata la stagione. E un paio d’anni dopo, sul terreno che loro non avevano saputo coltivare, arrivò Berlusconi.

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Di che cosa stavamo parlando? Ah, già, del nuovo Kindle. Io veramente volevo parlare dei Siciliani, della rete e di tutta l’altra mercanzia, ma mi son fatto prendere la mano. Vabbe’, ne parleremo un’altra volta. Il Kindle coi Siciliani non c’entra niente, compagni.

(O no?)

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