I 500 mila euro al centro dell’inchiesta di Napoli sulla presunta estorsione a Silvio Berlusconi sono il frutto della vendita di “un peschereccio in Brasile”. Lo afferma Valter Lavitola, latitante all’estero, in una lunga nota per la stampa, in cui tra l’altro smentisce di aver rilasciato l’intervista comparsa stamattina sul quotidiano Libero. I fondi dovevano servire a Gianpaolo Tarantini, attualmente in carcere per la stessa inchiesta, per “avviare un’attività imprenditoriale all’estero”, e sarebbero stati poi rimborsati a Lavitola “dal presidente Berlusconi”. Nessuna estorsione, secondo l’autodifesa del giornalista-editore, soltanto un aiuto del Cavaliere a Tarantini e a sua moglie Angela Devenuto, in gravi difficoltà economiche. Lavitola avrebbe fatto da intermediario soltanto perché i contatti diretti tra Berlusconi e l’imprenditore sotto processo per avergli procurato delle escort sarebbero stati compromettenti.

La nota di Lavitola è piena di riferimenti a contatti diretti con Silvio Berlusconi e rivendica la “profonda amicizia” con il premier, risalente negli anni. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Lavitola si sarebbe impossessato di gran parte dei 500 mila euro sborsati in contanti da Berlusconi – tramite la segretaria Marinella Brambilla – per evitare che Tarantini lo mettesse in difficoltà nel processo di Bari sul caso escort.

Completamente diversa la ricostruzione proposta nella nota diffusa oggi. Visto che Tarantini gli rinfacciava di essersi tenuto la somma, Lavitola si rivolge con insistenza a Berlusconi per chiarire di non aver intascato nulla. E rivela una telefonata ad Arcore non contenuta nell’ordine di custodia cautelare del gip di Napoli firmato il 30 agosto. Il 17 luglio, dopo aver ricevuto le rimostranze di Tarantini sui 500 mila euro scomparsi, Lavitola chiama il presidente del consiglio. “Dai tabulati in mio possesso”, si legge nella nota, “risulta che il 17/07 u.s. ho ricevuto la prima telefonata di Tarantini, sull’utenza argentina in mio uso (nr 005411X) alle ore 20.43 italiane (h 15.43 argentine). Durante la telefonata mi ha posto la questione dei 500mila euro. Gli dico di richiamarmi. Dalla stessa utenza, chiamo il Presidente sulla sua utenza di Arcore; 0039/039/60X. alle ore 16.38. La telefonata con Presidente è durata sino alle h 16.47 argentine (h 21.47 italiane)”.

E ancora: “Ho disturbato a quell’ora il Presidente in quanto, per il tono concitato di Tarantini, non sapevo come regolarmi nelle risposte e, intuendo il giudizio che il Tarantini andava formando nella sua mente, per evitare qualsiasi dubbio ho sentito il bisogno di chiarire la questione con chi aveva disposto gli aiuti delegandomi con estrema fiducia. Come al solito il Presidente è stato molto cortese e mi ha confermato di aver fatto bene a non mettere a disposizione la somma prima dell’avvio concreto del piano industriale (dell’attività economica di Tarantini, ndr), perche’ anch’Egli (in maiuscolo nell’originale, ndr) credeva che la somma sarebbe potuta essere dal Tarantini consumata e non investita (va specificato che ho notato da parte di Berlusconi un atteggiamento realmente paterno nei confronti di quella famiglia)”.

Questa telefonata, lamenta Lavitola, è stata sicuramente intercettata dagli investigatori ma “non riesco a capire perché non sia stata riportata” nell’ordinanza del gip di Napoli. Il giornalista – sospeso dall’Ordine in seguito all’ordine di arresto – sembra fare riferimento anche a incontri diretti con Berlusconi e i coniugi Tarantini: “L’unica volta che ho fortemente voluto portarli io dal Presidente, e in quell’occasione effettivamente sono stato pressante con la signora Marinella, è stato lo scorso 9 agosto, quando, appena rientrato da un viaggio di lavoro per Finmeccanica, società della quale sono consulente, ho voluto chiarire davanti al Presidente la questione dei ‘500mila euro mancanti’ postami da Giampaolo. In tutti e tre gli incontri ho chiesto al Presidente di confermare loro che frequentemente gli avevo chiesto di riceverli, ma i suoi avvocati lo sconsigliavano”.

Dopo l’incontro del 9 agosto, continua, “ricordo che, dopo aver chiarito, il Tarantini apparve rasserenato”. E’ a questo punto, secondo Lavitola, che per venire incontro alle sue “inesauribili esigenze di cassa” parte l’operazione sul peschereccio. “Avevo destinato all’attività imprenditoriale che Giampaolo aveva in animo di avviare all’estero, la somma riveniente dalla cessione, che e’ in corso, di un peschereccio in Brasile. Somma che il Presidente ovviamente mi avrebbe rimborsato. L’unico sistema che avevo, infatti, per dare dei contanti ai Tarantini era di utilizzare le somme che mi metteva a disposizione il Presidente”.

La primula rossa dell’inchiesta napoletana smentisce infine di aver rilasciato l’intervista comparsa su Libero stamattina, e annuncia di aver mobilitato i suoi legali su questo fronte. Lavitola conferma di aver parlato al telefono con la giornalista Cristina Lodi a proposito di una recente intervista alla escort Patrizia D’Addario, citata negli atti dell’inchiesta, ma di non avere fornito cifre a proposito della ripartizione dei famosi 500 mila euro e di non aver mai rivelato dettagli sul suo rapporto personale con la moglie di Tarantini.

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