La diminuzione di biodiversità in corso può portare entro la fine di questo secolo all’estinzione di una specie vivente su 10: “La Terra sta sperimentando un’estinzione mondiale di massa”. A rivelarlo è una ricerca dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, incentrata sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle specie animali e vegetali del pianeta. Lo studio, pubblicato dal prestigioso Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas), è la più grande revisione fatta fino ad oggi sui dati riguardanti il climate change: una sintesi dei risultati di circa 200 rapporti provenienti da tutto il mondo. Che, considerando ben 130 segnalazioni di alterazioni già verificatesi in diverse parti del pianeta, confronta la situazione attuale con le previsioni future. Ne esce un inquietante profilo, comune agli ecosistemi sia terrestri che marini.
Gli studiosi di Exeter hanno trattato “con cautela” alcuni degli studi che prevedono i terribili effetti delle alterazioni del clima sulle piante e gli animali in via di estinzione “a causa dell’incertezza su come le specie risponderanno ai cambiamenti climatici”. La maggior parte delle pubblicazioni esaminate, però, dimostra che “le previsioni, in media, sono state accurate, o anche un po’ troppo prudenti”. Dopo avere preso in considerazione centinaia di specie viventi in ogni tipo di habitat, dalla Scandinavia al Madagascar, dalle Isole Canarie agli Stati Uniti, i ricercatori sono giunti a conclusioni sconfortanti, seppur prevedibili: “Il cambiamento climatico di origine antropica è ormai una minaccia per la biodiversità globale”.
Per Robert Wilson, co-autore dello studio, analizzare una tale mole di dati provenienti da tutto il mondo ha permesso di scoprire una volta per tutte che gli impatti del surriscaldamento globale sono riscontrabili in ogni parte del pianeta, e in ogni gruppo di animali e piante. “Dagli uccelli, ai vermi, ai mammiferi marini, dalle alte catene montuose, alle giungle ed agli oceani, il cambiamento climatico è una vera minaccia per le specie”, sottolinea Wilson: “Dobbiamo agire ora per evitare che quelle in pericolo si estinguano”. Come? “Riducendo le emissioni di carbonio e proteggendo le specie dalle altre minacce che devono affrontare, come la perdita di habitat e l’inquinamento”.
Fra quelli citati nel report, spicca l’esempio della riduzione, nel Mare di Bering, di alcuni molluschi bivalvi (la cui conchiglia è formata da due parti), fonte principale di cibo per le specie al culmine della catena alimentare di quelle zone. Queste piccole conchiglie, nell’arco di soli due anni (dal 1999 al 2001) a causa dell’assottigliamento della copertura di ghiaccio sui loro mari sono passate da 12 a 3 per metro quadrato. Altro caso di gravi perdite dovute a siccità e progressivo innalzamento delle temperature riguarda alcune specie di anfibi autoctoni nello Yellowstone National Park, negli Stati Uniti: tra il 1993 ed il 2008, ad esempio, la popolazione della salamandra tigre è calata di quasi la metà, quella della rana macchiata del 68%, mentre altre specie di raganelle (come la chorus frog) si sono ridotte già del 75%.
Per Ilya Maclean, lead author dello studio e ricercatore presso il College of Life and Environmental Sciences dell’Università di Exeter: “L’aumento delle temperature, il cambiamento dei modelli delle precipitazioni e l’aumento dell’acidità degli oceani stanno tutti avendo un impatto sulla vitalità delle specie vulnerabili”. Negli oceani l’aumento dell’acidità minaccia la sopravvivenza di organismi che costruiscono le barriere coralline, mentre le maggiori temperature medie stanno spingendo molte specie di montagna ad altitudini più elevate. Questo implica che “potremmo vedere moltissime estinzioni entro la fine del secolo”.
Secondo lo studioso, dunque, “stiamo vivendo un’estinzione globale di massa”, e i risultati ottenuti sono “un campanello d’allarme per agire”. “Le molte specie che sono già in declino potrebbero estinguersi, se le cose continueranno come sono”, avverte Maclean: “È ora di smettere di usare le incertezze come scusa per non agire. La nostra ricerca dimostra che gli effetti nocivi del cambiamento climatico stanno già accadendo e, se possibile, superano le previsioni”.