La dedica della scrittrice Amy Sedaris al blogger Bill RyanCi sono grosso modo quattro motivi al mondo per cui si va a una presentazione libraria: per agganciare qualche scrittore o meglio ancora editor, per ottenere una dedica dal proprio autore preferito, per rimorchiare in ambito intellettuale, per mangiare Brie, uva e crackers. E non è detto che i quattro motivi siano in quest’ordine.
Bill Ryan, intorno ai trent’anni, lettore, copywriter e aspirante scrittore di New York, ci va per tutte queste ragioni, ma con un ambizione in più: lui vuole essere insultato nella dedica che ottiene. La cosa è iniziata sei anni fa, per caso. Bill aveva appena finito di prendere un caffé con l’autore Charles D’Ambrosio, con cui si era un po’ sfogato sulle sue difficoltà come aspirante scrittore. D’Ambrosio lo aveva ascoltato e alla fine gli aveva lasciato una dedica sul suo libro in cui, amichevolmente, lo invitava con un insulto a non demordere.

Poco tempo dopo, la folgorazione: Bill si trovava, come sempre, in fila per ottenere un nuovo autografo col suo pezzo di Brie in mano. Stavolta era il turno dell’autrice Maggie Pouncey, al BookCourt, una famosa libreria della Grande Mela. La scrittrice aveva appena vergato la pagina con la sua firma, e subito dopo c’è stato un attimo di stasi. Ecco come ha raccontato Bill al Los Angeles Times quel che è successo dopo: “Non sono sicuro del perché, ma le ho chiesto di aggiungerci un insulto tutto per me. Un’idea così, che mi è passata in mente lì per lì. Il viso della scrittrice è passato da ‘la mia consueta faccia lieta’ a ‘faccia incredula e lievemente allarmata, ma con una lucina pronta ad aggiungere la battuta richiesta’. Ho dovuto abbellire un po’ il senso della mia richiesta, ma alla fine lei ha acconsentito”.

Ottenuta la prima coppia di dediche-con-insulto, Bill ha avuto l’arguzia di trasformare la sua stramberia nel motivo del suo blog monotematico, Insulted by Authors, che è diventato nel tempo una miniera di post acuti e soprattutto di fotografie che testimoniano le dediche particolari ottenute. Tra i nomi che hanno esaudito la richiesta di Bill, ci sono il Premio Pulitzer Paul Harding (tradotto in Italia da Neri Pozza con L’ultimo inverno), Amy Sedaris (inedita da noi, omonima nel cognome del più noto David), Jonathan Safran Foer (pubblicato qui da Guanda), Jennifer Egan, che ha appena vinto il National Book Critics Circle Award con A Visit from the Goon Squad, non ancora disponibile in italiano, e diversi altri.

Complice la rete, la notizia si è sparsa (fino ad arrivare a Il Fatto Quotidiano) e Bill Ryan ora è un volto e un nome noto almeno ai librai di mezza America, i quali avvertono sempre gli autori se nella folla del pubblico c’è anche lui. Gli scrittori di solito lo apprezzano e stanno al gioco, facendo a gara a chi lascia la dedica più assurda. Gara che, a mio modesto avviso, è stata ampiamente vinta da Amy Sedaris. Per chi non legge l’inglese, la dedica di Amy Sedaris recita: “Ti chiamerei put… ma te ne manca la calorosa profondità”. Con la nota da traduttore che in inglese “cunt” significa sia “put…” che “f…a”, oltre che “cogl…, testa di c…” e altre chicche, tutte fieramente presenti nella personalissima collezione di Bill Ryan.

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