Clamorosa inversione di marcia sul Ceta, il controverso accordo economico e commerciale globale tra la Unione europea e il Canada: il nostro governo sarebbe infatti disponibile a rompere il fronte con gli altri Stati membri sul diritto dei Parlamenti nazionali di approvare o respingere l’accordo.

Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda – come riportato da diversi media internazionali, e poi confermato all’Adnkronos dallo stesso ministro, a Firenze per l’inaugurazione di Pitti Uomo – con una lettera indirizzata al presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e al commissario Ue al commercio Cecilia Malmström, ha garantito il supporto dell’Italia per una gestione dell’accordo “EU-only”, invece che misto (mixed-agreement). Così facendo i singoli Parlamenti nazionali verrebbero scavalcati, e non avrebbero voce in capitolo sull’accordo, con buona pace della democrazia.

Un’inversione di marcia repentina, se si pensa che solamente un mese fa, durante il Consiglio dei ministri europei del commercio, Calenda si era espresso in modo totalmente opposto, dicendosi – insieme ad altri 17 Stati membri – a favore di un accordo misto, e assicurando quindi di voler garantire il voto dei singoli Parlamenti nazionali sull’approvazione del Ceta.

Eppure, considerando gli effetti che questo accordo avrebbe sia in Europa che in Canada, i Parlamenti nazionali dovrebbero avere l’ultima parola. E questo prima che l’accordo entri in vigore, evitando un’applicazione preliminare.

Così come il Ttip (Transatlantic trade and investment partnership) – l’accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti attualmente in fase di negoziazione – anche il Ceta darebbe alle multinazionali il potere di citare in giudizio gli Stati al di fuori dei nostri sistemi giuridici, bypassando le Corti nazionali e comunitarie: una chiara minaccia per le leggi e le norme che tutelano l’ambiente, la nostra salute e i diritti di tutti. Inoltre, non è più un segreto che da più parti si guardi alla ratifica del Ceta come a un banco di prova in vista dell’eventuale entrata in vigore proprio del Ttip.

A inizio luglio, la Commissione dovrebbe presentare un piano per l’approvazione del Ceta che se escluderà – a causa della posizione del governo Renzi – lo scrutinio da parte dei Parlamenti nazionali, avrà bisogno del sostegno di una maggioranza qualificata degli Stati membri e non più dell’unanimità.

In Europa però in molti non condividono la posizione del nostro governo. Il ministro tedesco Sigmar Gabriel, ha annunciato che la Germania voterà contro il Ceta se il testo di questo accordo non verrà discusso a livello nazionale. Non solo: il Parlamento ungherese ha di recente approvato una risoluzione che chiede al proprio governo di non avallare né il Ceta né il Ttip, a meno che i testi degli accordi non vengano scrutinati dai Parlamenti nazionali dei 28 Stati membri.

Tornando all’Italia, a breve il ministro Calenda parteciperà a una audizione parlamentare su questo tema: ci aspettiamo che i Parlamentari italiani sfruttino questa occasione per far valere il proprio ruolo e la delega ricevuta dagli elettori italiani, esigendo di poter esprimersi su Ceta (e Ttip).

La questione è semplice: diritti e democrazia non possono essere svenduti in nome del libero mercato.

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